Armi saudite a Genova: la protesta

“Dal 2019 ad oggi, ogni venti giorni nello scalo genovese getta l’ancora una delle sei navi cargo della Bahri, già carica di armamenti ed equipaggiamenti militari o pronta a caricarne di nuovi negli scali statunitensi verso cui fa rotta prima di tornare a Gedda, in Arabia Saudita. Il contenuto di queste “navi della morte”, come denunciato dal Calp e dall’osservatorio Weapon Watch, finisce poi nelle mani della Guardia civile saudita, tuttora impegnata in scenari di guerra come quello yemenita”.

Lo riporta il quotidiano Domani, con un pezzo di Futura D’Aprile che dà atto della protesta organizzata al porto di Genova per la giornata di oggi dal Collettivo autonomo dei lavoratoti portuali (Calp), iniziativa che non nasce nel vuoto ma che segue le denunce circa l’utilizzo dei porti italiani come attracco per mercantili sauditi che portano armi in Medio Oriente per sostenere la guerra in Yemen e non solo.

Porto di Genova, ItaliaLicenza

Condanne che arrivano da più parti: l’osservatorio Weapon Watch denuncia da tempo queste attività e propone campagne di sensibilizzazione per avere “porti etici”.

Ancora a gennaio 2020, Patrick Wilken, ricercatore di Amnesty International, dichiarava: “Adesso, la volontà politica dei governi di rispettare il diritto internazionale viene messa nuovamente alla prova. Attivisti e lavoratori portuali sono già ampiamente allertati rispetto alla minaccia che la ‘Bahri Yanbu’ aggiri le norme internazionali in nome dei lucrosi accordi in materia di armi che hanno favorito uccisioni di civili in Yemen e una terribile catastrofe umanitaria“.

Le proteste del Calp, a Genova, risalgono a maggio 2019, quando “i portuali si rifiutarono di caricare sulla Bahri Yanbu due generatori registrati per uso civile ma che sarebbero stati in realtà impiegati dalla Guardia civile nel conflitto in Yemen”. Un’azione di boicottaggio che ha portato la compagnia saudita ad abbandonare lo scalo di Genova per un po’ ma che fece finire 5 portuali sotto inchiesta per associazione per delinquere.

Una protesta che ha trovato il sostegno di Papa Francesco, che il giugno scorso ha incontrato i portuali che avevano bloccato il carico nel 2019. Oggi quella compagnia è di nuovo in porto, a Genova, e il Calp sarà in presidio: una protesta che riguarda il contenuto del cargo, l’uso dei porti italiani e le politiche industriali, che ancora vedono nell’industria delle armi un settore imprescindibile, ma che riguarda anche la mancanza di informazioni e trasparenza su questi traffici.

Ad oggi il Governo italiano non ha cambiato il proprio approccio: non ci sono nuove regole per quanto riguarda il traffico d’armi che, anzi, sono state allentate per quanto riguarda l’export verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti nonostante il loro coinvolgimento nel conflitto in Yemen.

Temi sui quali, come Forumpace, ci siamo espressi già molte volte: non possiamo allentare l’attenzione. Esistono norme – interne e internazionali – che riguardano la regolamentazione delle esportazione di armi e prodotti bellici: in Italia, la legge 185/1990 dà il quadro normativo di riferimento, lo stesso quadro che ha inibito l’export verso Arabia ed Emirati Arabi durante il 2019.

Una legge, però, troppo spesso bypassata o ignorata, preferendo alla tutela dei diritti umani le logiche del mercato. Su questo, Rete Italiana Pace e Disarmo ha promosso, ancora lo scorso maggio, “un appello al Governo per ribadire la necessità di applicare in modo rigoroso e trasparente la Legge 185/90 e le norme internazionali che la rafforzano. Invitano inoltre il Parlamento a controllare in modo puntuale e approfondito le operazioni che riguardano l’export di armamenti: sono regole e controlli preposti alla salvaguardia della pace e della sicurezza comune, al rispetto dei diritti umani, alla tutela delle popolazioni e per dare attuazione al ripudio della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” sancito dalla nostra Costituzione (art.11)”.

Da qui dobbiamo proseguire.

Usare i fondi del PNRR per promuovere pace e diritti umani

Accolta la proposta di risoluzione 90 con cui il Consiglio impegna la Giunta provinciale per trasmettere al Governo nazionale e alla Commissione Europea l’appello promosso dal Forumpace sull’impiego dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza al fine di promuovere la tutela della pace, della giustizia, dei diritti umani, della democrazia, del benessere collettivo, compreso quello delle generazioni future.

Il Consiglio, con questa risoluzione, chiede anche l’intervento da parte delle istituzioni nazionali ed europee per far sì che il PNRR assicurino l’investimento dei fondi in processi di sviluppo civile e non sulle armi, coerentemente con i principi costituzionali e con quanto stabilito dall’articolo 1 della legge provinciale del 10 giugno 1991, n.11.

Stop all’escalation di violenza tra Palestina e Israele

Il Forum Trentino per la Pace e i Diritti umani esprime ancora una volta la propria costernazione davanti alla recrudescenza del conflitto israelo-palestinese e alle gravi conseguenze per la popolazione civile.

Palestine 2009. Israel’s Wall in Bethlehem, West Bank.

La terribile escalation di violenza fa seguito all’appoggio istituzionale e militare concesso ai coloni israeliani per espellere i palestinesi dalle loro case in diversi quartieri di Gerusalemme Est, in un contesto segnato dall’inazione e dall’impotenza della comunità internazionale.

Il mondo intero ha assistito per settimane alle provocazioni di fanatici coloni israeliani in marcia sulla città vecchia, seguite dalla chiusura ai palestinesi dei luoghi santi sulla Spianata della Moschea per la fine del Ramadan.

Questi atti sono la conseguenza di un più generale allontanamento da ogni tipo di negoziazione e di ricerca della pace da parte degli ultimi governi israeliani. I comunicati di rito delle istituzioni internazionali non bastano più a ristabilire il precario equilibrio sociale nella terra di Palestina e in Israele, dove quest’ultimo solo poche settimane fa è stato definito un “regime di apartheid” dalle voci autorevoli di Human Rights Watch e dell’organizzazione per i diritti umani israeliana B’Tselem. È assolutamente necessario, come più volte ribadito dall’ONU, che anche allo Stato di Israele venga imposto di applicare il diritto internazionale: deve cessare la mancanza di accountability, di responsabilità per le violazioni compiute.

Nel contempo la leadership palestinese ormai soffre di una debolezza cronica, diretta conseguenza delle difficoltà giuridiche, economiche e sociali derivanti dall’occupazione militare. Il comportamento del governo israeliano è chiaramente ostile allo svolgimento delle elezioni nei territori palestinesi, pertanto ancora una volta dovrebbe essere l’Unione Europea ad assumersi la responsabilità di vigilare sulla fine delle violazioni dei diritti umani e per una ripresa di un processo di pace.

Il Forumpace, in sinergia con le organizzazioni che lavorano in quei territori (come l’Associazione “Pace per Gerusalemme”) continuerà a favorire il dialogo tra i popoli palestinese e israeliano. Fermamente chiediamo che l’Italia si faccia promotrice di un’azione diplomatica di pace e di rispetto del diritto internazionale presso le Nazioni Unite e l’Unione Europea con lo scopo di:

  • fermare questa nuova ondata di violenza, intimando ad Hamas di fermare il lancio dei razzi ed al governo israeliano di fermare qualsiasi tipo di ritorsione e di rimuovere l’assedio a Gaza;
  • impiegare tutti gli strumenti politici, diplomatici e di diritto internazionale per fermare l’espropriazione e la demolizione delle case a Gerusalemme Est;
  • esigere dal governo israeliano di rimuovere tutti gli ostacoli alla realizzazione di elezioni libere e regolari in Cisgiordania, Gerusalemme Est e nella Striscia di Gaza, come previsto dagli accordi di Oslo, firmati dalle parti;
  • sostenere e assistere l’Autorità Nazionale Palestinese per l’organizzazione e la realizzazione del processo elettorale;
  • inviare osservatori internazionali neutrali per monitorare il processo elettorale;
  • fermare a livello nazionale ed europeo la cooperazione militare con lo Stato di Israele, in quanto parte funzionale e integrante del sistema repressivo e di occupazione militare dei territori palestinesi;
  • agire in sede ONU per un immediato riconoscimento dello Stato di Palestina come membro a pieno titolo delle Nazioni Unite, per permettere ai due Stati di negoziare direttamente in condizioni di pari autorevolezza, legittimità e piena sovranità

Invitiamo la popolazione trentina a partecipare, nel rispetto delle precauzioni sanitarie, al presidio per la pace in Palestina che si svolgerà sabato 15 maggio, anniversario della Nakba, a Trento in Piazza Duomo alle ore 16:00.


Il Presidente – dott. Massimiliano Pilati

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e armamenti: la posizione del Forum Pace

1. La Provincia autonoma di Trento, in coerenza con i principi costituzionali che sanciscono il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, la promozione dei diritti umani, delle libertà democratiche e della cooperazione internazionale, riconosce nella pace un diritto fondamentale degli uomini e dei popoli, favorendo l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, sulla base del principio di sussidiarietà. […]

3. La Provincia autonoma di Trento promuove inoltre una migliore conoscenza dei problemi della pace, dei diritti umani, della solidarietà tra i popoli e delle modalità non violente di risoluzione dei conflitti, avvalendosi prioritariamente delle iniziative, degli studi, delle ricerche e della documentazione di cui alla presente legge.

Art. 1, commi 1 e 3, l. prov. del 10 giugno 1991, n. 11

Il Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani, a mezzo del Consiglio della Pace, nell’ambito del proprio ruolo così come descritto dalla legge provinciale n. 11/1991(1), esprime la più grande preoccupazione per i contenuti della relazione della Commissione Bilancio(2) (pag. 28 e ss.) e si unisce al coro di critiche emerso dalle organizzazioni e dai mondi del pacifismo e del movimento nonviolento(3).

L’architettura del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza così come il Next Generation EU pongono l’attenzione – quantomeno sulla carta – sullo sviluppo di progettualità sulle quali investire in modo innovativo i fondi che derivano da questa crisi e finalizzando queste progettualità a superare le condizioni pre-esistenti che l’hanno generata(4).

La sfida per tutti coloro che prendono sul serio i problemi interconnessi della pace, della giustizia, dei diritti umani, della democrazia, del benessere collettivo, compreso quello di generazioni future, è nientemeno che quella di come bloccare la globalizzazione della violenza e la violenza della globalizzazione”.

Giuliano Pontara(5)

In questa chiave, non comprendiamo come l’attribuzione di ulteriori fondi alla spesa militare (che riceverà circa 27 miliardi di euro, pari al 18% del totale dei Fondi pluriennali di investimento 2017-2034) possa concorrere nel senso di immaginare e costruire un mondo più sostenibile e meno disuguale per le future generazioni. 

Crediamo che quanto proposto – peraltro nella cornice più ampia della missione “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” – sia contrario, oltre che al senso del PNRR, anche ai valori espressi dalla nostra Costituzione e dalla legge provinciale n. 11 del 10 giugno 1991 che ha istituito il Forum (art. 1, commi 1 e 3, in particolare). 

Crediamo che, per agire sul fronte dell’innovazione e della cultura nel contesto di adeguate politiche di sicurezza, sia necessario rivolgere quegli investimenti al rafforzamento delle strutture del welfare culturale, alle imprese sociali, all’attivazione di progettualità rivolte ai giovani e alle giovani del nostro Paese, specie guardando alle aree periferiche o interne(6).

Crediamo che le spese da effettuare nel contesto della sicurezza non riguardino l’irrobustimento dell’apparato militare né essere rivolte a “mantenere alto il livello di preparazione e capacità operativa dell’intero comparto della difesa e della sanità militare” (p. 68 della Relazione della Commissione Bilancio), ancorché “in sinergia” con la sanità civile ordinaria quanto, piuttosto, questi investimenti dovrebbero rivolgersi a garantire, su tutto il territorio nazionale, una sanità pubblica territoriale, accessibile e laica.

Crediamo che l’incremento della capacità militare costituisca un arretramento del progetto costituzionale e di quello europeo, certo non fondati su una cultura pacifista ma consapevoli del fatto che la continua corsa alle armi può solo che generare mostri.

Crediamo che continuare a considerare il quadrante mediterraneo in termini strategici o militari contribuisca a rendere il nostro mare un luogo di silenzio e morte.

In definitiva, condividiamo quanto espresso dalla Rete Italiana Pace e Disarmo(7), cui anche il Forum trentino per la pace e i diritti umani aderisce: “La nonviolenza politica è lo strumento e il fine che bisogna assumere. Per questo è prioritario orientare il rilancio del nostro Paese ai principi ed ai valori della pace: il Piano deve essere l’occasione per investire fondi in processi di sviluppo civile e non sulle armi”.

Crediamo che il PNRR, se manterrà l’approccio descritto dalla Relazione della Commissione Bilancio così come approvata, non vada in questa direzione.

Pertanto, chiediamo al Consiglio, ai Consiglieri e alla Consigliere di prendere posizione, anche nell’ambito delle iniziative e della discussione d’Aula attorno alle indicazioni che la Provincia Autonoma di Trento dovrà fornire al Governo su questo tema.

Per il Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani

Il Presidente Massimiliano Pilati


Fonti:

(1) Legge Provinciale del 10 giugno 1991, n. 11, Promozione e diffusione della cultura della pace: https://www.consiglio.provincia.tn.it/leggi-e-archivi/codice-provinciale/Pages/legge.aspx?uid=715  

(2) Commissione Bilancio, Relazione della V Commissione Permanente alla Camera dei Deputati sulla Proposta di Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, 31 marzo 2021: http://documenti.camera.it/_dati/leg18/lavori/documentiparlamentari/IndiceETesti/027/018A/INTERO.pdf

(3) Rete Pace e Disarmo,  “Rete Pace Disarmo: vogliamo un PNRR disarmato e di Pace, Draghi ci riceva e ascolti le nostre proposte”, 8 aprile 2021: https://retepacedisarmo.org/2021/rete-pace-disarmo-pnrr-disarmato-pace-draghi-ci-riceva/; Mao Valpiana, Come un giovane cadetto il PNRR è entrato civile ed è uscito in divisa, su Domani, il 2 aprile 2021: https://www.peacelink.it/editoriale/a/48393.html

(4) Dipartimento per le Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Linee Guida per la definizione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza #NextGenerationItalia, 15 settembre 2020: http://www.politicheeuropee.gov.it/media/5378/linee-guida-pnrr-2020.pdf; Ministero dell’Economia e delle Finanze, Next Generation Italia, il Piano per disegnare il futuro del Paese, 18 gennaio 2021: https://www.mef.gov.it/focus/Next-Generation-Italia-il-Piano-per-disegnare-il-futuro-del-Paese/; Forum Disuguaglianze Diversità, Piano di Ripresa e Resilienza: https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/piano-di-ripresa-e-resilienza/ 

(5)Unimondo, La Pace di Giuliano, 01 marzo 2017: https://www.unimondo.org/Notizie/La-Pace-di-Giuliano-164064 

(6) Rete Italiana Pace e Disarmo, Le politiche di Pace e Disarmo siano al centro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, 8 febbraio 2021: https://retepacedisarmo.org/2021/politiche-pace-disarmo-pnnr-proposte-ripd/; Forum Disuguaglianze e Diversità, PNRR: Quale ruolo dell’impresa sociale nel potenziamento e democratizzazione dell’offerta di servizi di welfare. Alcune linee di indirizzo e priorità sulla coesione sociale, 17 marzo 2021: https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/pnrr-quale-ruolo-dellimpresa-sociale-nel-potenziamento-e-democratizzazione-dellofferta-di-servizi-di-welfare-alcune-linee-di-indirizzo-e-priorita-sulla-coesione-sociale/

(7) Rete Italiana Pace e Disarmo, Il Recovery Plan armato del governo Draghi: fondi UE all’industria militare, 1 Aprile 2021: https://retepacedisarmo.org/2021/il-recovery-plan-armato-del-governo-draghi-fondi-ue-allindustria-militare/

Gli ospiti di “Scenari di guerra”

JEFF HALPER è un antropologo israeliano di origine statunitense (è nato nel Minnesota nel 1946); ha conseguito il dottorato di ricerca all’università del Wisconsin e ha insegnato in università israeliane e internazionali.

Si è trasferito in Israele nel 1973 e ha fondato nel 1997 l’ICAHD, Israeli Committee Against House Demolitions ( www.icahd.org ), associazione di persone che, per vie legali e con la disobbedienza civile, si oppongono alla demolizione delle case palestinesi e che forniscono supporto economico e materiale per la loro ricostruzione.

Collabora ai gruppi di pianificazione per i parchi nazionali israeliani ed è membro del Comitato Direttivo per i diritti dei palestinesi delle Nazioni Unite. Per questa attività, e per il suo attivismo pacifista, Halper è stato arrestato dal governo israeliano una decina di volte, ed è ora considerato uno dei più autorevoli attivisti israeliani per la pace e i diritti civili.

Libri:  “Ostacoli alla pace”, Edizioni “una città”, 2009. “War Against the People: Israel, the Palestinians and Global Pacification”, September 2015, Pluto Books

SAMI ADWAN è nativo di Beit Sahour nei pressi di Betlemme. Dal 1972 al 1976 studia in Giordania ad Amman, dove consegue il diploma in pedagogia. Nel 1979 si trasferisce a San Francisco, laureandosi alla California State Univerisity. Dal 1982 al 1984 Sami Adwan lavora come lettore all’università di Hebron. Nel 1987 ritorna a San Francisco, dove ottiene il Ph.D.

Dopo il suo ritorno nella West Bank nel 1991-1992 è rinchiuso nelle carceri israeliane con l’accusa di essere un attivista palestinese. Dal 1992 è docente di Scienze dell’educazione all’università di Betlemme. Insieme al docente israeliano  Eyal Naveh dirige l’istituto di ricerca sulla pace PRIME (Peace Research Institute in the Middle East) con sede a Beit Jala e Tel Aviv.

Il PRIME si propone di contribuire a realizzare le infrastrutture intellettuali per un possibile progetto di pace, formando una nuova generazione di insegnanti e politici disposti a garantire la coesistenza pacifica e la cooperazione nonché la salvaguardia dell’ambiente sociale e naturale.  Da anni cura insieme ai colleghi israeliani un progetto per “disarmare la storia”, per il quale ha ricevuto nel 2001 il premio della Fondazione Langer.

Libri: “La storia dell’altro

JEREMY MILGROM è un rabbino nato negli Usa. Ha studiato al seminario teologico ebraico di New York e si è trasferito in Israele nel 1968. Gran parte della sua vita l’ha dedicata all’impegno per i diritti umani e la pace in Medio Oriente.

Nel 1988 è stato membro fondatore del movimento Rabbini per i diritti umani.

Pioniere nel dialogo interreligioso con palestinesi musulmani e cristiani, ha fondato, insieme al reverendo anglicano palestinese Shehadeh Shehadeh, l’associazione Religiosi per la pace.

Veterano dell’esercito israeliano, ha ottenuto di essere esonerato dagli obblighi di riservista dopo otto anni di battaglie legali.

SAMIR AL QARYOUTIgiornalista palestinese, lavora in Italia da circa 28 anni. Si è laureato in scienze politiche all’Università degli studi di Bologna.

Ha fondato la prima rivista in lingua araba per i giovani universitari palestinesi in Italia. Ha collaborato con la RAI e vari giornali italiani sui problemi del mondo arabo dalla metà degli anni Settanta.

Opinionista per la stampa estera sulle questioni italiane, in particolare per la tv Al Jazeera (la penisola arabica).

WASIM DAHMASH , nasce a Damasco nel 1948, è stato professore a contratto e lettore di Dialettologia Araba al Dipartimento di Studi Orientali dell’Università di Roma “La Sapienza” (1984-2006), ricercatore e docente titolare di Lingua e Letteratura Araba all’Università di Cagliari (2006-2015).

Attualmente insegna Linguistica Araba al Master di Lingue e Culture Orientali alla IULM a Roma.

I suoi ambiti di ricerca principali sono la traduzione letteraria, la dialettologia araba con particolare riferimento ai dialetti dell’area siro-palestinese e la storia contemporanea della stessa area.

Nell’ambito delle sue ricerche ha prodotto 32 volumi (monografie, antologie, traduzioni letterarie), 120 papers e articoli. Ha curato l’edizione di 51 libri per conto di diverse case editrici e per le Edizioni Q di Roma (40 libri) di cui è direttore delle collane Zenit e Universitaria.

I film di “Scenari di guerra”

Giovedì 22 settembre, ore 20.00 – Cinema Astra, Trento

The wanted 18

di Amer Shomali e Paul Cowan, Palestina, Canada, 2014, 75’
Storia (commedia, dramma, tragedia) di diciotto mucche clandestine – metafora e simbolo della resistenza palestinese – acquistate da un gruppo di abitanti di Beit Sahour durante l’intifada del 1987 per spezzare la dipendenza dalle forniture dilatte di Israele. Un alternarsi incalzante di testimonianze dirette, filmati d’archivio, disegni in bianco e nero, animazioni stop-motion.

Ecco la recensione di Giulia del film: https://forumpace.it/the-wanted-18-recensione/

Giovedì 29 settembre, ore 20.30 – Cinema Astra, Trento

We cannot go there now, my dear

di Carol Mansour, Libano, 2014, 42’
In collaborazione con Al Ard Doc Film Festival e Associazione Amicizia Sardegna Palestina. Il doppio esodo dei palestinesi, ieri verso la Siria, oggi verso il Libano. Storie di vite da ricostruire e improvvisare senza posa.

Ecco la recensione di Micol del film: https://forumpace.it/we-cannot-go-there-now-my-dear-recensione/

Happy Holidays

di Luca Marvanyi, Israele 2011, 28’
Due sorelle, nate da un matrimonio misto, immigrate dall’Est Europa in Israele, sperimentano la difficoltà di integrarsi in una società che favorisce gli ebrei “senza se e senza ma”.

Sabato 8 ottobre 2016, ore 20.30 Teatro San Marco, Trento

Ave Maria

di Basil Khalil, Francia, Germania, Palestina , 2015,14’
Una famiglia di coloni isareliani irrompe accidentalmente in un convento di suore palestinesi. Gli ebrei non possono telefonare per rispetto delle leggi del sabato. E le suore hanno fatto voto di silenzio… Un cortometraggio irresistibile e pluripremiato, in selezione ufficiale a Cannes e nelle nominations per l’Oscar.

Women in sink

di Iris Zaki, Israele, 2015, 36’
Shampoo e chiacchiere in un piccolo salone di acconciatura ad Haifa in Israele. La regista ci consegna un ritratto corale e inaspettato di un luogo che offre una libertà temporanea, in cui donne ebree e arabe condividono le loro differenze, ma anche tante opinioni comuni sulla politica, la storia e l’amore.

Hummus! The movie

di Oren Rosenfeld, Israele, 2015, 70’
Con la partecipazione del regista e di Suheila Al Hindi Una donna musulmana che lavora sodo, un ebreo sempre sorridente e un giovane arabo cristiano alla ricerca di senso per un film estroso e toccante, “condito” di ricette segrete e di un Guinness World Record, sul delizioso piatto che, al di là delle divisioni religiose e politiche, è capace di mettere tutti d’accordo.

Costruiamo il disarmo nucleare passo dopo passo: “Italia, ripensaci” incontra le città e la politica

L’Italia ratifichi il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari.

Il Forum trentino per la pace e i diritti umani è attivo da anni nella promozione del disarmo nucleare e per questo segnala l’importante appuntamento “Costruiamo il disarmo nucleare passo dopo passo: “Italia, ripensaci” incontra le città e la politica” (venerdì 15 gennaio 2021 ore 17.30, su zoom e Facebook live dalla Pagina facebook “Rete Italiana Pace e Disarmo”) di riflessione ed approfondimento che Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica organizzano in collaborazione con la International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN) e con il sostegno del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani.

Nell’agosto del 1945 le bombe nucleari esplose a Hiroshima e Nagasaki distrussero le due città, causando la morte immediata di oltre 200 mila persone mentre a migliaia morirono in seguito alle radiazioni o rimasero con danni permanenti.

L’orrore di quelle due esplosioni non fermò purtroppo molti governi che anzi, continuarono lo sviluppo di armi devastanti capaci di un potenziale distruttivo molto superiore a quello delle bombe su Hiroshima e Nagasaki. Ora nel Mondo vi sono quasi 15 mila bombe nucleari e numerosi programmi militari che impiegano enormi risorse finanziarie. Spreco di denaro pubblico che, soprattutto in questo periodo di pandemia, potrebbe essere usato per la sanità, per l’istruzione, contro la povertà.

L’Italia, nonostante la nostra Costituzione ripudi la guerra e nonostante il nostro paese abbia aderito al trattato di non proliferazione delle armi nucleari nel 1975, ospita nelle basi militari di Ghedi e Aviano circa 40 bombe nucleari e ha progetti volti a aumentare le spese a riguardo, come l’acquisto dei caccia f35 e il loro equipaggiamento con ordini nucleari “maggiormente performanti” per dei costi di acquisto, manutenzione di alcune decine di miliardi di euro (155 milioni di euro è il costo di un singolo caccia f35).

Qualcosa di importante però si sta muovendo, il 24 ottobre 2020, il Trattato delle Nazioni Unite di proibizione delle armi nucleari ha raggiunto i 50 Stati firmatari (l’Italia non ha sottoscritto) richiesti per la sua entrata in vigore. Il trattato entrerà in vigore il 22 gennaio 2021 e impedirà specificamente l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. Dopo tale data il Trattato diventerà la prima legge internazionale vincolante, per chi ha firmato e ratificato, contro questi sistemi d’arma e rafforza la posizione internazionale contro le armi nucleari perché si tratta del primo strumento legale che le vieta esplicitamente.

Il Forum trentino per la pace e i diritti umani in questi anni ha partecipato alle mobilitazioni internazionali coordinate in Italia dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica e continuerà a lavorare affinché queste orrende armi vengano definitivamente cancellate dalla faccia della terra.

Per questo è fondamentale che si continui la mobilitazione affinché l’Italia “ripensi” la propria posizione e ratifichi il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari e contribuisca a rendere obsolete e inaccettabili le armi nucleari, riconvertendo le ingenti somme che ogni anno vengono spese per costruirle e mantenerle ad usi più utili per l’umanità come il contrasto al cambiamento climatico, alla pandemia, alla povertà. Ancora una volta il Forumpace invita gli enti locali trentini a farsi promotori di una vera cultura e azione politica di pace al fine di arrivare al confronto con la politica e i rappresentanti Parlamentari con cui vogliamo sollecitare un dibattito che porti all’adesione al Trattato da parte del nostro Paese. Il webinar proposto vuole essere un utile strumento di servizio.

Nagorno Karabakh: cosa sta succedendo?

Venerdì 13 novembre alle ore 18.00 in diretta sulla pagina facebook dell’Osservatorio Balcani Caucaso e Transeuropa

Da fine settembre in Nagorno Karabakh è stata guerra aperta lungo tutta la linea di contatto che separa forze armene ed azere fino al cessate il fuoco totale del 9 novembre.

Dove nasce la contesa che ha portato Armenia e Azerbaijan a contendersi questo territorio negli anni ‘90? Cosa ha causato un intervento militare così esteso, cruento e causa di centinaia e centinaia di morti tra militari e civili come quello che abbiamo osservato in questi giorni? Cosa prevede il cessate il fuoco totale in atto dal 9 novembre? E cosa si può e dovrebbe fare ora?

Il Forum Trentino per la Pace e i diritti umani in collaborazione con il Centro per la Cooperazione Internazionale intende contribuire a capire la situazione che sta attraversando quella zona.

Venerdì 13 novembre alle ore 18.00 in diretta sulla pagina facebook dell’Osservatorio Balcani Caucaso e Transeuropa, Massimiliano Pilati, presidente del Forumpace, ne parlerà con Giorgio Comai, giornalista e ricercatore dell’Osservatorio Balcani Caucaso e Transeuropa e con Mario Raffaelli, Presidente di Amref Italia e ex capo della conferenza di pace tra Armenia e Azerbaijan del 1992.

il Presidente del Forum Trentino per la pace e i diritti umani

dott. Massimiliano Pilati

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