Gli ospiti di “Scenari di guerra”

JEFF HALPER è un antropologo israeliano di origine statunitense (è nato nel Minnesota nel 1946); ha conseguito il dottorato di ricerca all’università del Wisconsin e ha insegnato in università israeliane e internazionali.

Si è trasferito in Israele nel 1973 e ha fondato nel 1997 l’ICAHD, Israeli Committee Against House Demolitions ( www.icahd.org ), associazione di persone che, per vie legali e con la disobbedienza civile, si oppongono alla demolizione delle case palestinesi e che forniscono supporto economico e materiale per la loro ricostruzione.

Collabora ai gruppi di pianificazione per i parchi nazionali israeliani ed è membro del Comitato Direttivo per i diritti dei palestinesi delle Nazioni Unite. Per questa attività, e per il suo attivismo pacifista, Halper è stato arrestato dal governo israeliano una decina di volte, ed è ora considerato uno dei più autorevoli attivisti israeliani per la pace e i diritti civili.

Libri:  “Ostacoli alla pace”, Edizioni “una città”, 2009. “War Against the People: Israel, the Palestinians and Global Pacification”, September 2015, Pluto Books

SAMI ADWAN è nativo di Beit Sahour nei pressi di Betlemme. Dal 1972 al 1976 studia in Giordania ad Amman, dove consegue il diploma in pedagogia. Nel 1979 si trasferisce a San Francisco, laureandosi alla California State Univerisity. Dal 1982 al 1984 Sami Adwan lavora come lettore all’università di Hebron. Nel 1987 ritorna a San Francisco, dove ottiene il Ph.D.

Dopo il suo ritorno nella West Bank nel 1991-1992 è rinchiuso nelle carceri israeliane con l’accusa di essere un attivista palestinese. Dal 1992 è docente di Scienze dell’educazione all’università di Betlemme. Insieme al docente israeliano  Eyal Naveh dirige l’istituto di ricerca sulla pace PRIME (Peace Research Institute in the Middle East) con sede a Beit Jala e Tel Aviv.

Il PRIME si propone di contribuire a realizzare le infrastrutture intellettuali per un possibile progetto di pace, formando una nuova generazione di insegnanti e politici disposti a garantire la coesistenza pacifica e la cooperazione nonché la salvaguardia dell’ambiente sociale e naturale.  Da anni cura insieme ai colleghi israeliani un progetto per “disarmare la storia”, per il quale ha ricevuto nel 2001 il premio della Fondazione Langer.

Libri: “La storia dell’altro

JEREMY MILGROM è un rabbino nato negli Usa. Ha studiato al seminario teologico ebraico di New York e si è trasferito in Israele nel 1968. Gran parte della sua vita l’ha dedicata all’impegno per i diritti umani e la pace in Medio Oriente.

Nel 1988 è stato membro fondatore del movimento Rabbini per i diritti umani.

Pioniere nel dialogo interreligioso con palestinesi musulmani e cristiani, ha fondato, insieme al reverendo anglicano palestinese Shehadeh Shehadeh, l’associazione Religiosi per la pace.

Veterano dell’esercito israeliano, ha ottenuto di essere esonerato dagli obblighi di riservista dopo otto anni di battaglie legali.

SAMIR AL QARYOUTIgiornalista palestinese, lavora in Italia da circa 28 anni. Si è laureato in scienze politiche all’Università degli studi di Bologna.

Ha fondato la prima rivista in lingua araba per i giovani universitari palestinesi in Italia. Ha collaborato con la RAI e vari giornali italiani sui problemi del mondo arabo dalla metà degli anni Settanta.

Opinionista per la stampa estera sulle questioni italiane, in particolare per la tv Al Jazeera (la penisola arabica).

WASIM DAHMASH , nasce a Damasco nel 1948, è stato professore a contratto e lettore di Dialettologia Araba al Dipartimento di Studi Orientali dell’Università di Roma “La Sapienza” (1984-2006), ricercatore e docente titolare di Lingua e Letteratura Araba all’Università di Cagliari (2006-2015).

Attualmente insegna Linguistica Araba al Master di Lingue e Culture Orientali alla IULM a Roma.

I suoi ambiti di ricerca principali sono la traduzione letteraria, la dialettologia araba con particolare riferimento ai dialetti dell’area siro-palestinese e la storia contemporanea della stessa area.

Nell’ambito delle sue ricerche ha prodotto 32 volumi (monografie, antologie, traduzioni letterarie), 120 papers e articoli. Ha curato l’edizione di 51 libri per conto di diverse case editrici e per le Edizioni Q di Roma (40 libri) di cui è direttore delle collane Zenit e Universitaria.

I film di “Scenari di guerra”

Giovedì 22 settembre, ore 20.00 – Cinema Astra, Trento

The wanted 18

di Amer Shomali e Paul Cowan, Palestina, Canada, 2014, 75’
Storia (commedia, dramma, tragedia) di diciotto mucche clandestine – metafora e simbolo della resistenza palestinese – acquistate da un gruppo di abitanti di Beit Sahour durante l’intifada del 1987 per spezzare la dipendenza dalle forniture dilatte di Israele. Un alternarsi incalzante di testimonianze dirette, filmati d’archivio, disegni in bianco e nero, animazioni stop-motion.

Ecco la recensione di Giulia del film: https://forumpace.it/the-wanted-18-recensione/

Giovedì 29 settembre, ore 20.30 – Cinema Astra, Trento

We cannot go there now, my dear

di Carol Mansour, Libano, 2014, 42’
In collaborazione con Al Ard Doc Film Festival e Associazione Amicizia Sardegna Palestina. Il doppio esodo dei palestinesi, ieri verso la Siria, oggi verso il Libano. Storie di vite da ricostruire e improvvisare senza posa.

Ecco la recensione di Micol del film: https://forumpace.it/we-cannot-go-there-now-my-dear-recensione/

Happy Holidays

di Luca Marvanyi, Israele 2011, 28’
Due sorelle, nate da un matrimonio misto, immigrate dall’Est Europa in Israele, sperimentano la difficoltà di integrarsi in una società che favorisce gli ebrei “senza se e senza ma”.

Sabato 8 ottobre 2016, ore 20.30 Teatro San Marco, Trento

Ave Maria

di Basil Khalil, Francia, Germania, Palestina , 2015,14’
Una famiglia di coloni isareliani irrompe accidentalmente in un convento di suore palestinesi. Gli ebrei non possono telefonare per rispetto delle leggi del sabato. E le suore hanno fatto voto di silenzio… Un cortometraggio irresistibile e pluripremiato, in selezione ufficiale a Cannes e nelle nominations per l’Oscar.

Women in sink

di Iris Zaki, Israele, 2015, 36’
Shampoo e chiacchiere in un piccolo salone di acconciatura ad Haifa in Israele. La regista ci consegna un ritratto corale e inaspettato di un luogo che offre una libertà temporanea, in cui donne ebree e arabe condividono le loro differenze, ma anche tante opinioni comuni sulla politica, la storia e l’amore.

Hummus! The movie

di Oren Rosenfeld, Israele, 2015, 70’
Con la partecipazione del regista e di Suheila Al Hindi Una donna musulmana che lavora sodo, un ebreo sempre sorridente e un giovane arabo cristiano alla ricerca di senso per un film estroso e toccante, “condito” di ricette segrete e di un Guinness World Record, sul delizioso piatto che, al di là delle divisioni religiose e politiche, è capace di mettere tutti d’accordo.

Il programma di “Scenari di guerra”

Si inizia con due serate di film e documentari – il 22 e il 29 settembre, rispettivamente alle 20.00 e alle 20.30 presso il Cinema Astra – che ci introducono ai temi della resistenza nonviolenta, delle migrazioni e dello spaesamento.

L’incontro di venerdì 30 settembre (17.45) presso il CFSI nasce dalla convinzione che cultura e letteratura sono fattori importanti nella comprensione e nella soluzione del conflitto israelo-palestinese. Adel Jabbar e il Prof. Wasim Dahmash dialogheranno su letteratura e situazione politica della Palestina.

Il convegno “Scenari di guerra spiragli di pace”, evento centrale dell’iniziativa, si terrà sabato 1°ottobre (14.00-18.00) presso l’Aula Kessler del Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Trento, e vedrà la partecipazione di alcuni rappresentanti di organizzazioni israeliane e palestinesi – Sami Adwan del PRIME (Peace Research Institute for the Middle East), Jeff Halper di ICAHD (Israeli Committee Against House Demolition), Jeremy Milgrom dei Rabbini per i diritti umani. Vi sarà inoltre il giornalista Samir al Qaryouti, opinionista per la stampa estera e in particolare per il Medio Oriente.

E per finire, sabato 8 ottobre, un’altra serata di film, documentari e assaggi all’interno del Religion Today FilmFestival.

Costruiamo il disarmo nucleare passo dopo passo: “Italia, ripensaci” incontra le città e la politica

L’Italia ratifichi il Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari.

Il Forum trentino per la pace e i diritti umani è attivo da anni nella promozione del disarmo nucleare e per questo segnala l’importante appuntamento “Costruiamo il disarmo nucleare passo dopo passo: “Italia, ripensaci” incontra le città e la politica” (venerdì 15 gennaio 2021 ore 17.30, su zoom e Facebook live dalla Pagina facebook “Rete Italiana Pace e Disarmo”) di riflessione ed approfondimento che Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica organizzano in collaborazione con la International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN) e con il sostegno del Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani.

Nell’agosto del 1945 le bombe nucleari esplose a Hiroshima e Nagasaki distrussero le due città, causando la morte immediata di oltre 200 mila persone mentre a migliaia morirono in seguito alle radiazioni o rimasero con danni permanenti.

L’orrore di quelle due esplosioni non fermò purtroppo molti governi che anzi, continuarono lo sviluppo di armi devastanti capaci di un potenziale distruttivo molto superiore a quello delle bombe su Hiroshima e Nagasaki. Ora nel Mondo vi sono quasi 15 mila bombe nucleari e numerosi programmi militari che impiegano enormi risorse finanziarie. Spreco di denaro pubblico che, soprattutto in questo periodo di pandemia, potrebbe essere usato per la sanità, per l’istruzione, contro la povertà.

L’Italia, nonostante la nostra Costituzione ripudi la guerra e nonostante il nostro paese abbia aderito al trattato di non proliferazione delle armi nucleari nel 1975, ospita nelle basi militari di Ghedi e Aviano circa 40 bombe nucleari e ha progetti volti a aumentare le spese a riguardo, come l’acquisto dei caccia f35 e il loro equipaggiamento con ordini nucleari “maggiormente performanti” per dei costi di acquisto, manutenzione di alcune decine di miliardi di euro (155 milioni di euro è il costo di un singolo caccia f35).

Qualcosa di importante però si sta muovendo, il 24 ottobre 2020, il Trattato delle Nazioni Unite di proibizione delle armi nucleari ha raggiunto i 50 Stati firmatari (l’Italia non ha sottoscritto) richiesti per la sua entrata in vigore. Il trattato entrerà in vigore il 22 gennaio 2021 e impedirà specificamente l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento di armi nucleari. Dopo tale data il Trattato diventerà la prima legge internazionale vincolante, per chi ha firmato e ratificato, contro questi sistemi d’arma e rafforza la posizione internazionale contro le armi nucleari perché si tratta del primo strumento legale che le vieta esplicitamente.

Il Forum trentino per la pace e i diritti umani in questi anni ha partecipato alle mobilitazioni internazionali coordinate in Italia dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e Senzatomica e continuerà a lavorare affinché queste orrende armi vengano definitivamente cancellate dalla faccia della terra.

Per questo è fondamentale che si continui la mobilitazione affinché l’Italia “ripensi” la propria posizione e ratifichi il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari e contribuisca a rendere obsolete e inaccettabili le armi nucleari, riconvertendo le ingenti somme che ogni anno vengono spese per costruirle e mantenerle ad usi più utili per l’umanità come il contrasto al cambiamento climatico, alla pandemia, alla povertà. Ancora una volta il Forumpace invita gli enti locali trentini a farsi promotori di una vera cultura e azione politica di pace al fine di arrivare al confronto con la politica e i rappresentanti Parlamentari con cui vogliamo sollecitare un dibattito che porti all’adesione al Trattato da parte del nostro Paese. Il webinar proposto vuole essere un utile strumento di servizio.

Scrivere di pace, raccontare i diritti

Sei interessata/o a fare un anno al Forum trentino per la pace e i diritti umani?

Hai voglia di imparare e sperimentare molto?

Hai voglia di metterti in gioco promuovendo i temi della pace e dei diritti umani?

Hai voglia di scrivere articoli, creare grafiche, foto, video, campagne social…?

Hai voglia di raccontare a studenti, giovani, persone in genere i diritti umani e gli obiettivi di sviluppo sostenibile?

Hai voglia di avere dei progetti da creare, seguire, realizzare?

Vorresti capire da chi lo ha già fatto se ne vale la pena?

Se rispondi di sì ad almeno una di queste domande contattaci al 3351797117 (telefonata, messaggio, whatsapp, telegram…) o alla mail  riccardo.santoni@consiglio.provincia.tn.it

Abbiamo un’opportunità per te. Fino all’11 gennaio raccogliamo le domande di servizio civile, il 13 faremo le selezioni e se verrai presa/o potrai iniziare dal l’1 febbraio 2021.

E’ servizio civile provinciale, devi avere fra i 18 e i 28 anni  e avrai una serie di benefit, tra cui il buono pasto e un compenso di 600 euro al mese.

Tutte le info sul nostro progetto Scrivere di pace, raccontare i diritti le trovi a questo link.

Tutte le info per iscriverti al servizio civile le trovi qui.

Potrà essere un anno molto importante per te, scegli con attenzione guardando anche gli altri progetti

 

Educare NonStop

Educare NonStop

Un percorso di formazione e riflessione per aspiranti volontari nel mondo dell’educazione 

 

Nonostante l’emergenza sanitaria, le attività dei volontari non si fermano! Sei un giovane tra i 16 e i 30 anni e hai voglia di supportare le attività delle tante organizzazioni che sul territorio si occupano di bambini e ragazzi? Non perderti questa occasione formativa!

Le attività delle organizzazioni della provincia di Trento che forniscono servizi extrascolastici continueranno anche sull’autunno. Appare chiara la necessità di sostenere gli alunni, che vivono situazioni di fragilità, nel colmare i vuoti provocati dalla sospensione delle attività scolastiche. Per questo, abbiamo pensato ad un corso di formazione per aspiranti volontari che ti permetterà di acquisire competenze utili per facilitare le attività ludico-ricreative e formative rivolte ai bambini e alle bambine in contesti educativi formali e non formali. La formazione sarà svolta in modalità online e alternerà video lezioni, webinar e attività per esercitare le competenze acquisite. A termine del corso riceverai un attestato di partecipazione. 

Il percorso di formazione è proposto da tre soggetti attivi nella provincia di Trento che lavorano nell’ambito della promozione della cittadinanza attiva: il Centro per la Cooperazione Internazionale, il Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani e il Centro Servizi Volontariato Trentino in collaborazione con l’Ufficio Politiche Giovanili del Comune di Trento.

 

IL PROGRAMMA 

La proposta formativa gratuita è realizzata online attraverso lo svolgimento di 3 moduli nell’arco di tempo dal 27 agosto al 10 settembre 2020. Il percorso prevede due moduli strutturati in video-lezioni per approfondire i contenuti teorici, materiali di approfondimento per l’auto-formazione, lo svolgimento di una “attività” per sperimentare quanto appreso e un webinar interattivo dove i partecipanti potranno confrontarsi su problematiche e strategie e valutare gli apprendimenti. Il percorso include inoltre un modulo trasversale, che la/il partecipante svolgerà autonomamente, relativo ad alcuni elementi di base per poter acquisire capacità di lavorare a distanza e sostenere l’apprendimento dell’italiano.

 

MODULO: ESPERIENZE FORMATIVE E RUOLO DEL FACILITATORE 

Partendo dalle proprie esperienze formative le e i partecipanti saranno guidati in una riflessione sugli elementi che qualificano una formazione come efficace, motivante e arricchente. Il modulo introduce le tecniche di base della pedagogia esperienziale e inquadra  la figura del facilitatore per coinvolgere, aiutare e motivare i bambini e le bambine all’apprendimento, all’empatia ed ad instaurare relazioni positive nei contesti formativi.

Il modulo è composto da:

  • webinar che si svolgerà il giorno 1 settembre 2020L’orario sarà comunicato il prima possibile sulla base del numero delle iscrizioni raccolte
  • attività da svolgere in autonomia tra il 27 agosto 2020 e il 3 settembre 2020 (preparazione al webinar, visione di una video lezione, letture di approfondimento, test di autovalutazione)

 

MODULO: SOFT SKILLS, COMPETENZE IMPERDIBILI! 

Il modulo si concentra sullo sviluppo e il rafforzamento di alcune soft skills utili per riconoscere e far emergere le potenzialità di ogni studente/utente. Verrà posta specifica attenzione sull’importanza di queste abilità in relazione alla capacità di lavorare in gruppo e in autonomia. Le e i partecipanti avranno l’opportunità di riflettere sulle loro abilità nelle seguenti aree:

  • gestione  delle emozioni
  • saper comprendere e ascoltare, immedesimarsi in situazioni non familiari, migliorare le relazioni sociali soprattutto nei confronti delle diversità
  • gestire le relazioni e i conflitti
  • essere in grado di indirizzare, motivare e valorizzare gli “utenti”

Il modulo è composto da:

  • webinar che si svolgerà il giorno 8 settembre 2020L’orario sarà comunicato il prima possibile sulla base del numero delle iscrizioni raccolte
  • attività da svolgere in autonomia tra il 3 settembre e il 10 settembre 2020 (preparazione al webinar, visione di una video lezione, letture di approfondimento, test di autovalutazione)

 

I moduli sono a cura di formatrici ed esperte che collaborano con Centro per la Cooperazione Internazionale, CSV Trentino, Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. I partecipanti saranno affiancati nello svolgimento del corso dai e dalle ragazzi/e in Servizio Civile Universale provinciale presso il Centro per la Cooperazione Internazionale e il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani.

 

MODULO TRASVERSALE: GESTIONE DELLE DIFFERENZE E APPRENDIMENTO A DISTANZA  realizzato con i materiali prodotti da IPRASE

Il modulo è costituito da due webinar da visionare in autonomia entro il 10 settembre. Verranno forniti i link a seguito dell’iscrizione. I temi sono quelli  dell’insegnamento/apprendimento a distanza, per fornire delle competenze di base per gestire momenti formativi non in presenza e presentare delle risorse didattiche per sostenere l’apprendimento dell’italiano.

 

DESTINATARI

L’iniziativa è rivolta prioritariamente a giovani, volontari/e ed aspiranti volontari/e, tra i 16-30 anni. In accordo con la propria scuola, le ore di formazione possono essere riconosciute come Alternanza Scuola Lavoro.

 

COME ISCRIVERSI

Per iscriverti al corso di formazione, compila il seguente modulo d’iscrizione entro il 25 agosto 2020. Riceverai tutte le informazioni per accedere alla formazione insieme alla conferma dell’iscrizione.

 

CONTATTI

Per informazioni  sulle iscrizioni: Giovanna – formazione@volontariatotrentino.it – 0461 916604

Per informazioni sui contenuti del corso: Martina – martina.camatta@cci.tn.it – 0461 093000

Fermiamo l’annessione dei territori palestinesi da parte di Israele

Il 2020 verrà di certo ricordato come un anno sconvolgente, un punto di non ritorno che ha fatto prendere coscienza all’umanità dei propri limiti e delle proprie fragilità. Per alcuni, però, quest’anno potrebbe simboleggiare una catastrofe nella catastrofe: stiamo parlando, tra gli altri, del popolo palestinese, che in una situazione di privazione di diritti e di occupazione militare che perdura da 72 anni -ovvero dal 1948, anno della fondazione dello Stato di Israele- è stato costretto a fronteggiare allo stesso tempo la crisi sanitaria dovuta al coronavirus e l’annuncio dell’avvio del nuovo piano di annessione dei territori occupati.

Il piano, i lettori lo ricorderanno, è il culmine del lungo sodalizio politico tra il presidente israeliano Netanyahu e il suo omologo statunitense Trump, che ne ha scritto e sponsorizzato la prima versione. Non è solo lo stile e l’ideologia ad accomunare i due personaggi, ma anche la tendenza a gestire crisi politiche interne (le lunghissime crisi di governo e i processi per corruzione di Netanyahu, le imminenti elezioni statunitensi e via dicendo) attraverso iniziative muscolari che creano consenso – o dibattito- immediati ma che a lungo andare si potrebbero rivelare estremamente destabilizzanti. È così che il mondo attende, il primo luglio prossimo, il voto della Knesset, il parlamento israeliano, sulla proposta governativa di annettere unilateralmente circa il 30% della Cisgiordania. Attualmente, lo ricordiamo, a seguito degli Accordi di Oslo del 1993 la West Bank è divisa in aree a diversi gradi di controllo politico-amministrativo palestinese o israeliano.

Dalle diverse mappe degli scenari di annessione che sono circolate in questi mesi emerge il rischio dell’ufficializzazione di uno status quo già di fatto esistente, ma molto lontano da quanto stabilito dal diritto internazionale e da quanto dovrebbe prevedere una reale soluzione di pace. Con il pretesto di collegare e annettere le numerose colonie illegali israeliane presenti in Cisgiordania, che contano circa 450mila abitanti, si andrebbe a normalizzare definitivamente la geografia a macchia di leopardo della Palestina, creando veri e propri bantustan: piccole enclave -città o municipalità palestinesi – militarizzate e circondate dal muro di separazione, all’interno delle quali vivrebbero persone senza diritto di cittadinanza né libertà di movimento. Sono già oggi più di 500 i checkpoint militari israeliani che ostacolano la libera circolazione dei palestinesi nel territorio assegnato loro dalle Nazioni Unite, inficiandone il diritto all’istruzione e al lavoro. Oltre all’appropriazione di terre, acqua e risorse naturali, preoccupa ancor di più il principio secondo il quale il governo israeliano intende annettere dei territori selezionando i cittadini che vi vivono secondo una gerarchia etnica. Sono circa 65mila, ad esempio, i palestinesi residenti solo nella Valle del Giordano, ma qualora essa venisse annessa ad Israele è già stato dichiarato che nessun tipo di diritto di cittadinanza sarebbe loro concessa. Uno Stato che controlla territori annessi con la forza, che esercita controllo militare su di essi ma che non riconosce alcuna libertà personale, cittadinanza o partecipazione politica a chi vi è nato e vissuto, formalizza e rafforza, purtroppo, un vero e proprio sistema di discriminazione razziale che non può essere definito altrimenti se non come apartheid.

Le reazioni palestinesi a questa prospettiva sono state varie, a volte quasi rassegnate e a volte vigorose. È il caso delle mobilitazioni del movimento Palestinian Lives Matter, che ha protestato contro l’occupazione e contro le uccisioni indiscriminate di palestinesi dopo la morte di Iyad al-Hallaq, un ragazzo autistico a cui la polizia israeliana ha sparato a sangue freddo perché lui, spaventato, non ha risposto ad un controllo di sicurezza. Rappresentano un bel segnale anche le manifestazioni di cittadini israeliani che, a Tel Aviv come in altre città, sono scesi in piazza per ribadire il loro rifiuto del rafforzamento dell’occupazione e il loro desiderio di una pace giusta. A onor del vero, però, va sottolineato che queste posizioni sono attualmente estremamente minoritarie in Israele e la deriva in senso identitario, sovranista ed etnicista dello Stato e del governo appare sempre più consolidata. Anzi, c’è di più: parrebbe che se, allo scadere del primo luglio, gli scenari di annessione più vasti non si verificheranno (in favore di atti più simbolici e ridimensionati di riconoscimento di alcune colonie, comunque illegittime per il diritto internazionale), non sarà grazie alle proteste degli israeliani democratici, ma a causa proprio dei nazionalisti ebrei di estrema destra, che rifiutano ogni compromesso e piano che preveda un riconoscimento, implicito o esplicito, di qualsiasi sovranità ai palestinesi.

La impasse nella quale Israele è caduta da decenni, che consiste nel non voler scendere a compromessi né con sé stessa né con altri in termini di sovranità territoriale e nella definizione etnica di Stato Ebraico, è sempre più evidentemente la causa di una pericolosa stagnazione del processo di pace, che potrebbe tradursi a brevissimo nel suo definitivo fallimento. È per questo che la situazione israelo-palestinese continua a riguardarci, oggi più che mai, non solo come “questione morale dei nostri tempi”, come la definiva Nelson Mandela, ma anche a causa delle ripercussioni per la pace e l’equilibrio mondiale delle politiche autocratiche delle grandi potenze coinvolte -Israele e USA in prima linea, ma anche i paesi arabi, la Russia e l’Iran sullo sfondo. Non è un segreto che Trump, Netanyahu, Putin e non solo osteggino apertamente ogni forma di multilateralismo, indebolendo le istituzioni internazionali e prediligendo azioni politiche bilaterali o addirittura completamente autonome. Ne sono una prova le recenti sanzioni promulgate dall’amministrazione Trump nei confronti della Corte Penale Internazionale dell’Aja che sta indagando sui crimini di guerra statunitensi in Afghanistan: un gesto gravissimo ma tutto sommato coerente, dato che alla Corte gli USA e Israele non hanno mai aderito, non accettando di dover sottostare a leggi o indagini di istituzioni sovranazionali nate per garantire giustizia e rispetto dei diritti umani.

Il ruolo dell’Europa, e in definitiva di noi comuni cittadini, è in questa prospettiva sempre più cruciale: se pochi ma influenti paesi tentano di delegittimare gli sforzi internazionali per la pace, la giustizia e la lotta ai cambiamenti climatici, è evidente che l’Unione Europea deve impegnarsi con determinazione e coraggio ad assumere la guida di queste sfide fondamentali per il futuro dell’umanità. Ogni riflessione, mobilitazione e pressione dal basso da parte dei cittadini può fare la differenza, come nel caso degli appelli che già a maggio hanno spinto 70 parlamentari italiani a chiedere al Governo italiano di impegnarsi a condannare e scongiurare l’eventualità dell’annessione.

Sperando che non sia troppo tardi, continuiamo a sensibilizzarci e a costruire percorsi di pace possibili.

Pier Francesco Pandolfi de Rinaldis, Presidente Associazione Pace per Gerusalemme

Massimiliano Pilati, Presidente Forum Trentino per la pace e i diritti umani

25 aprile: rimanga Festa della Liberazione dal nazifascismo

25 APRILE: RIMANGA FESTA DELLA LIBERAZIONE DAL NAZIFASCISMO

Per una nuova costituente per creare società ed economie più pacifiche, giuste e sostenibili

 

Il 25 aprile festeggeremo il 75° anniversario della Liberazione d’Italia dal Nazifascismo. Sarà uno strano festeggiamento, nessun corteo, nessuna commemorazione, nessun evento, nessun concerto a causa del Coronavirus. Ho letto di qualche proposta di trasformare questa fondamentale ricorrenza come data per ricordare d’ora in poi tutte le vittime del Covid-19. Credo che sarà importante trovare una data fissa per ricordare questo drammatico momento storico che stiamo vivendo e le vittime che si sta portato dietro, ma anch’io, come tante cittadine e tanti cittadini, movimenti, enti e associazioni che in queste ore si stanno adoperando per ricordarne tutta la portata storica e di lezione per il presente, sono persuaso che il 25 aprile dovrà  rimanere per sempre la Festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista.

Ritengo sia importante per il bene della nostra Democrazia ricordarci che c’è stato un tempo, non tanto lontano, in cui non eravamo liberi di professare il nostro pensiero, non eravamo liberi di esercitare il nostro diritto di critica, non eravamo liberi di condividere le nostre passioni e i nostri ideali con chi la pensava come noi, non eravamo liberi di credere in un Dio diverso da quello voluto dal nostro Stato, non eravamo liberi di avere l’identità sessuale che meglio ci rappresentava. C’è stato un tempo, in definitiva, in cui i nostri  diritti umani non erano garantiti e se questo non ci andava bene e pensavamo di protestare rischiavamo pestaggi, confino, arresto, uccisione…

Oggi anche in Italia, che certo non ha un regime dittatoriale, ci sembra di poter assimilare la mancanza di libertà causata dalle restrizioni del Coronavirus con la mancanza di libertà sotto una dittatura e non vediamo l’ora di poter avere una sorta di Festa della Liberazione dal virus. Ma non sono la stessa cosa. Allora il nemico da cui liberarci usava sgherri, milizie ed esercito per opprimerci, oggi il nemico è di natura totalmente diversa, seppur, comunque pericoloso. Eppure anche in questi giorni in cui dobbiamo seguire rigorosamente le indicazioni impartite dalle nostre istituzioni (nazionali e territoriali) non dobbiamo mai lasciare che questo crei una erosione permanente dei nostri diritti umani fondamentali e indivisibili. Oggi l’obbligo di tutelare il bene collettivo e la salute pubblica entra in frizione con i nostri diritti civili e umani, è giusto accettarlo temporaneamente ma è fondamentale restare vigili perchè la necessità temporanea non rischi di diventare permanente. Ce lo ricordano da inizio crisi anche vari pronunciamenti delle Nazioni Unite che hanno esortato gli stati a fondare qualsiasi iniziativa ed approccio alla gestione della crisi pandemica sui diritti umani e ad assicurare i rispetto dei diritti e del diritto alla salute per le persone più vulnerabili.

Infine, se proprio vogliamo trovare un nesso tra queste liberazioni credo che dovremmo cercarlo nel periodo che è seguito alla Liberazione dal Nazifascismo e che, speriamo presto, seguirà alla fine del pericolo e del Lockdown impostoci dal virus.

Mi riferisco allo splendido momento storico della fase costituente durante il quale donne e uomini di varia estrazione sociale, politica e geografica hanno costruito la nostra Democrazia creando la Costituzione più bella del Mondo.

Il Covid-19 in qualche modo ci costringerà ad una nuova ripartenza creando regole, comportamenti, abitudini e azioni nuove. Non sarà facile ne indolore ma potrebbe essere un importante momento per una nuova Costituente durante la quale, di nuovo, come dopo il 25 aprile 1945, uomini e donne dovrebbero essere chiamati a riscrivere il nostro Mondo.

Un nuovo Mondo con regole diverse ma soprattutto con priorità diverse. Un Mondo libero dalle guerre che servono per accaparrare le terre e le risorse del pianeta, la cui violenza si abbatte sulla parte più debole della popolazione civile e che continuano purtroppo ad essere finanziate, preparate e messe in atto in molte parti del mondo causando distruzioni irreparabili all’ambiente e grandi spostamenti forzati di popolazioni. (Ha dichiarato Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU: “La furia del virus mostra la follia della guerra. Per questo chiedo un cessate il fuoco mondiale”). Un mondo quindi non più chiamato a spendere 1820 miliardi di dollari in un anno in spese militari mondiali (quasi 5 miliardi di dollari al giorno, 239 dollari a persona). Un mondo in cui la salute venga riconosciuta come un bene comune globale e in cui la parola sanità pubblica non sia più una parolaccia e soprattutto non sia un costo da abbattere il più possibile. Un Mondo dove l’educazione, anche reinventata, sia un caposaldo da cui partire. Un Mondo che necessariamente deve fare la pace con l’ambiente che lo ospita. Un Mondo capace di accogliere, un Mondo che cerchi di abbattere il più possibile le diseguaglianze che lo attanagliano ora e che la pandemia ha, drammaticamente, aumentato. Un Mondo capace di ripartire dai territori e dalle loro peculiarità sociali, culturali, ambientali ed economiche. Un Mondo chiamato ad una nuova transizione davvero e con ogni evidenza necessaria verso società ed economie più pacifiche, giuste e sostenibili.

Proviamo ad immaginare assieme un Mondo così, partendo dai nostri Comuni?

di Massimiliano Pilati

Presidente Forum Trentino per la Pace e i Diritti umani