Cop26. Qualcosa si muove?

Era il 1992 quando venne firmata la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici  (United Nations framework convention on climate change o Unfccc). La convenzione, firmata da 165 Stati e rettificata nel corso degli anni da 196 Stati, è focalizzata soprattutto sul contenimento delle emissioni di gas serra per contrastare il surriscaldamento globale dovuto alle attività antropiche: 

ARTICLE 2:

OBJECTIVE

The ultimate objective of this Convention and any related legal instruments that the Conference of the Parties may adopt is to achieve, in accordance with the relevant provisions of the Convention, stabilization of greenhouse gas concentrations in the atmosphere at a level that would prevent dangerous anthropogenic interference with the climate system. Such a level should be achieved within a time frame sufficient to allow ecosystems to adapt naturally to climate change, to ensure that food production is not threatened and to enable economic development to proceed in a sustainable manner. 

Fonte: http://unfccc.int/resource/docs/convkp/conveng.pdf 

L’obiettivo finale della presente Convenzione e di ogni relativo strumento giuridico che la Conferenza delle Parti possa adottare è di conseguire, in conformità con le pertinenti disposizioni della Convenzione, la stabilizzazione delle concentrazioni di gas a effetto serra nell’atmosfera a un livello tale da prevenire pericolose interferenze antropiche con il sistema climatico. Tale livello dovrebbe essere raggiunto entro un lasso di tempo sufficiente per consentire agli ecosistemi di adattarsi naturalmente ai cambiamenti climatici, per garantire che la produzione alimentare non sia minacciata e per consentire lo sviluppo economico di procedere in modo sostenibile. 

Da questo momento in poi, il cambiamento climatico entra nel dibattito politico e sovranazionale, arrivando alla organizzazione della prima Cop, ossia la Conferenza delle Parti (gli stati mebri della UNFCCC e osservatori accreditati) svoltasi a Berlino nel 1995. Il protocollo di Kyoto del 1997 e gli Accordi di Parigi del 2015 sono frutto proprio della Cop, anche se i risultati di tali accordi non si sono ancora visti e le promesse fatte allora non sono state mantenute.

Ma allora perché è così importante la Cop26? 

Questo video lo spiega molto bene: 

Proprio così, l’azione individuale può essere uno strumento per combattere il cambiamento climatico, ma non è sufficiente, proprio perché non c’è abbastanza tempo per aspettare che tutte le persone cambino il proprio stile di vita e soprattutto perché questo non sarebbe sufficiente. Necessitiamo di grandi cambiamenti che solo chi ha il potere di controllare grandi risorse può portare, ossia le istituzioni politiche. 

In questo momento si sta decidendo il nostro futuro, o meglio, si sta decidendo se riusciremo quantomeno ad averne uno. 

E quindi? Cosa è stato deciso fino ad ora alla Cop26? 

  • Un susseguirsi di discorsi di rappresentanti politici  delle principali potenze economiche mondiali ha inaugurato i lavori della conferenza. Belle parole che richiamano all’unità, alla responsabilità e all’azione, “L’abbiamo visto con la pandemia, non possiamo avere successo nelle sfide internazionali senza coordinamento.” dice Emmanuel Macron, Presidente della repubblica francese. Discorsi che però traspirano una certa  dose di “paternalismo” verso i paesi poveri, i più colpiti dagli effetti del surriscaldamento globale, “Sono i paesi poveri che vivono le peggiori conseguenze della crisi climatica. Tutte le economie sviluppate devono perciò contribuire nell’aiutarle”. dimenticandosi del fatto che proprio in quei paesi sono attivi moltissimi progetti innovativi e sostenibili dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, ai quali invece dovremmo prendere ispirazione e donare un po’ di ascolto e considerazione. Non manca, ovviamente nel discorso di Joe Biden, Presidente degli Stati Uniti D’America, il rimando all’economia , che risulta ancora una volta la guida per la nazione capitalistica per eccellenza, definendo i cambiamenti climatici non solo un problema ma anche “un’incredibile opportunità per l’economia mondiale nel contesto di una crescente catastrofe”
  • Corridoio marino del Pacifico tropicale orientale  

I governi di Panama, Ecuador, Colombia e Costa Rica, hanno annunciato un progetto di riserva Marina di oltre 500mila chilometri quadrati. Un corridoio interdetto alla pesca proprio in corrispondenza della rotta migratoria di tartarughe marine, balene, squali e razze. (Fonte)

  • Global Methane Pledge 

Un patto volto a ridurre del 30 per cento le emissioni di metano entro il 2030. Tra i firmatari troviamo importanti economie come gli Stati Uniti, il Brasile, la Germania e anche l’Italia, ma mancano alcuni tra i principali responsabili di tale gas. Come Cina, India e Russia. (fonte)

  • Stop ai finanziamenti per i nuovi progetti fossili all’estero

Porremo fine ai nuovi investimenti pubblici diretti nel settore dei combustibili fossili all’estero entro la fine del 2022, fatta eccezione per circostanze limitate e chiaramente definite che sono coerenti con il contenimento del riscaldamento globale entro gli 1,5 gradi centigradi e con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”. Una presa di posizione importantissima siglata da venti Stati, tra cui Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Canada, e cinque istituti finanziari, tra cui la Banca europea per gli investimenti (Bei). (fonte)

Quest’ultimo punto è uno degli strumenti per raggiungere il cosiddetto NETZERO “Per contenere il riscaldamento globale entro la soglia degli 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, è indispensabile azzerare le emissioni nette globali entro il 2050. E azzerare le emissioni nette significa non finanziare più nessun progetto legato al carbone, al petrolio e al gas naturale, ribadisce l’Agenzia internazionale dell’energia (Iea).” (Fonte

Il punto è che bisogna farlo ora, perché più si aspetta e più drastici dovranno essere i cambiamenti, qualora riuscissimo veramente a rimanere entro la soglia entro il 2050, come si può vedere da questo grafico del “Emissions Gap Report 2021” dell’UNEP 

https://wedocs.unep.org/bitstream/handle/20.500.11822/36994/EGR21_CH3.pdf

Tornare alla terra e proteggere la biodiversità per coltivare la vita

 E mentre in questo momento i Fridaysforfuture protestano a Glasgow, dove sono presenti le principali leader attiviste tra cui Greta Thunberg, tra le varie voci introno alla Cop26, la più delicata quanto dirompente è quella di Vandana Shiva, che più di tutti mostra la sensibilità ecologica necessaria che manca alle attuali istituzioni politiche. 

Perché l’ecologia, citando il titolo del libro di Gregory Bateson*, prima di passare dall’azione deve passare dalla mente. Lo “spostamento” deve essere totale, lo sguardo deve posarsi sulla complessità, il nostro essere deve riconciliarsi con la natura e la possibilità di vita deve estendersi a tutto il vivente e non solo all’essere umano. E Vandana Shiva durante il webinar Regeneration for climate resilience che ha anticipato la Cop 26, con André Leu, direttore di Regeneration international ed ex presidente di Ifoam (International federation for organic agriculture movement), e con Tom Newmark, cofondatore e presidente di The carbon underground, ce lo spiega molto bene, ricordandoci ad esempio che il suolo, considerato dalla nostra cultura qualcosa di inerme, uno spazio vuoto su cui poggiare profitto e guadagno, è in realtà una macro-organismo vivente, la cui salute è fondamentale se vogliamo continuare a vivere su questo pianeta. 

solo una rigenerazione ecologica e culturale basata sulla biodiversità può costruire resilienza climatica per il futuro; non i cibi coltivati in laboratorio, non i biocarburanti, non i crediti di carbonio, perché queste soluzioni ignorano completamente la natura e le sue capacità rigenerative tentando di sostituire tecnologicamente i processi naturali che hanno distrutto e creando nuove opportunità per l’industria dei combustibili fossili di continuare a inquinare”

(fonte)

Ed allora alla parola protezione ambientale bisogna aggiungere la parola rigenerazione, che racchiude quello spostamento di prospettiva necessario per fare pace con la natura. Questo concetto è applicato nell’ Agricoltura Organica Rigenerativa, promossa da Vandana Shiva e che si sta diffondendo anche in Italia grazie a progetti come Defeal e Il bosco di Ogigia

Le parole sono importanti, e nei giorni successivi vedremo se alla Cop26 si continuerà a parlare in termini riduzionistici, trattando la natura come miniera, serbatoio o opportunità economica oppure se l’ecologia della mente, dello spirito e della complessità riuscirà ad entrare nelle agende politiche dei prossimi 30 anni.

La specie umana è “condannata dalla caratteristica così umana di non riuscire a vedere il quadro generale”, però ora il quadro lo riusciamo a vedere e “comprendiamo il problema e sappiamo come invertire la rotta” e dunque “la nostra motivazione non dovrebbe essere la paura, bensì la speranza”

David Attenborough, naturalista e divulgatore scientifico, alla Cop 26.

*”Verso un’ecologia della Mente”, Gregory Bateson, 1972

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