Il Forumpace scrive ai sindaci neoeletti

Nei giorni scorsi, a seguito delle elezioni tenutesi il 20 e il 21 settembre, il Consiglio della Pace, organo del Forum trentino per la pace e i diritti umani, ha inviato una lettera ai sindaci neoeletti dei Comuni della Provincia di Trento. Il contenuto del documento intende stimolare una riflessione e una presa di posizione da parte degli entranti al fine di istituire delle cariche che riescano a concentrare il proprio mandato su tematiche attuali come i diritti umani e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Riconoscendo l’immenso valore dei progetti attivati nei diversi contesti territoriali che negli anni hanno stimolato la coesione sociale e la partecipazione della comunità, il documento mira a sottolineare l’importanza della responsabilità delle singole amministrazioni – e dei suoi sindaci – nel continuare a promuovere azioni di cittadinanza attiva e di sensibilizzazione dei cittadini ai temi della pace e dei diritti umani. Tali elementi sono ormai fondamentali per lo sviluppo di territori e società sostenibili, specialmente se considerato il contesto globale attuale in cui è sempre più forte il legame tra l’agire locale e l’impatto a livello internazionale.

La lettera, firmata dal Presidente del Forumpace Massimiliano Pilati, cita: “il mondo [è] fortemente interconnesso e anche l’amministrazione di un piccolo territorio richied[e] il saper guardare oltre, il saper collegare anche il micro della propria specificità, alla complessità macro del sistema globale.”

Sulla base di queste affermazioni, i neoeletti vengono dunque invitati a considerare tali aspetti nel momento della formazione della Giunta. L’obiettivo desiderato dal Consiglio della Pace del Forumpace sarebbe di vedere inserito nelle amministrazioni un riferimento a questo “guardare oltre”; passo che potrebbe essere compiuto istituendo un assessorato specifico, dando una delega a qualche consigliere o organizzando una commissione. In questo modo si riuscirebbe a richiamare e a sottolineare l’importanza di valori quali la solidarietà, i diritti umani e lo sviluppo sostenibile, e, in particolar modo, si renderebbe esplicita la consapevolezza del singolo Comune per quanto riguarda il suo ruolo di attore globale e promotore di pace.

Per il Forum trentino per la pace e i diritti umani

Il Presidente Dott. Massimiliano Pilati

Ripartono le Visite Consiglio!

Insieme al Consiglio provinciale di Trento stiamo prendendo parte all’organizzazione di momenti di approfondimento con le scuole pensati per valorizzare e promuovere l’incontro tra le istituzioni e i giovani grazie all’aiuto e alla partecipazione di diversi organismi e realtà del territorio. Gli incontri verranno realizzati con l’inizio dell’anno scolastico e sarà facoltà di ogni scuola decidere i temi da affrontare in base alle disponibilità date dalle associazioni partecipanti.

In quanto organismo del Consiglio provinciale, noi del Forum ci siamo proposti per effettuare degli interventi su diversi tema di attualità.

Qui potete trovare la scheda che presenta le nostre opzioni: Visite Consiglio_Forum

 

Educare NonStop

Educare NonStop

Un percorso di formazione e riflessione per aspiranti volontari nel mondo dell’educazione 

 

Nonostante l’emergenza sanitaria, le attività dei volontari non si fermano! Sei un giovane tra i 16 e i 30 anni e hai voglia di supportare le attività delle tante organizzazioni che sul territorio si occupano di bambini e ragazzi? Non perderti questa occasione formativa!

Le attività delle organizzazioni della provincia di Trento che forniscono servizi extrascolastici continueranno anche sull’autunno. Appare chiara la necessità di sostenere gli alunni, che vivono situazioni di fragilità, nel colmare i vuoti provocati dalla sospensione delle attività scolastiche. Per questo, abbiamo pensato ad un corso di formazione per aspiranti volontari che ti permetterà di acquisire competenze utili per facilitare le attività ludico-ricreative e formative rivolte ai bambini e alle bambine in contesti educativi formali e non formali. La formazione sarà svolta in modalità online e alternerà video lezioni, webinar e attività per esercitare le competenze acquisite. A termine del corso riceverai un attestato di partecipazione. 

Il percorso di formazione è proposto da tre soggetti attivi nella provincia di Trento che lavorano nell’ambito della promozione della cittadinanza attiva: il Centro per la Cooperazione Internazionale, il Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani e il Centro Servizi Volontariato Trentino in collaborazione con l’Ufficio Politiche Giovanili del Comune di Trento.

 

IL PROGRAMMA 

La proposta formativa gratuita è realizzata online attraverso lo svolgimento di 3 moduli nell’arco di tempo dal 27 agosto al 10 settembre 2020. Il percorso prevede due moduli strutturati in video-lezioni per approfondire i contenuti teorici, materiali di approfondimento per l’auto-formazione, lo svolgimento di una “attività” per sperimentare quanto appreso e un webinar interattivo dove i partecipanti potranno confrontarsi su problematiche e strategie e valutare gli apprendimenti. Il percorso include inoltre un modulo trasversale, che la/il partecipante svolgerà autonomamente, relativo ad alcuni elementi di base per poter acquisire capacità di lavorare a distanza e sostenere l’apprendimento dell’italiano.

 

MODULO: ESPERIENZE FORMATIVE E RUOLO DEL FACILITATORE 

Partendo dalle proprie esperienze formative le e i partecipanti saranno guidati in una riflessione sugli elementi che qualificano una formazione come efficace, motivante e arricchente. Il modulo introduce le tecniche di base della pedagogia esperienziale e inquadra  la figura del facilitatore per coinvolgere, aiutare e motivare i bambini e le bambine all’apprendimento, all’empatia ed ad instaurare relazioni positive nei contesti formativi.

Il modulo è composto da:

  • webinar che si svolgerà il giorno 1 settembre 2020L’orario sarà comunicato il prima possibile sulla base del numero delle iscrizioni raccolte
  • attività da svolgere in autonomia tra il 27 agosto 2020 e il 3 settembre 2020 (preparazione al webinar, visione di una video lezione, letture di approfondimento, test di autovalutazione)

 

MODULO: SOFT SKILLS, COMPETENZE IMPERDIBILI! 

Il modulo si concentra sullo sviluppo e il rafforzamento di alcune soft skills utili per riconoscere e far emergere le potenzialità di ogni studente/utente. Verrà posta specifica attenzione sull’importanza di queste abilità in relazione alla capacità di lavorare in gruppo e in autonomia. Le e i partecipanti avranno l’opportunità di riflettere sulle loro abilità nelle seguenti aree:

  • gestione  delle emozioni
  • saper comprendere e ascoltare, immedesimarsi in situazioni non familiari, migliorare le relazioni sociali soprattutto nei confronti delle diversità
  • gestire le relazioni e i conflitti
  • essere in grado di indirizzare, motivare e valorizzare gli “utenti”

Il modulo è composto da:

  • webinar che si svolgerà il giorno 8 settembre 2020L’orario sarà comunicato il prima possibile sulla base del numero delle iscrizioni raccolte
  • attività da svolgere in autonomia tra il 3 settembre e il 10 settembre 2020 (preparazione al webinar, visione di una video lezione, letture di approfondimento, test di autovalutazione)

 

I moduli sono a cura di formatrici ed esperte che collaborano con Centro per la Cooperazione Internazionale, CSV Trentino, Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani. I partecipanti saranno affiancati nello svolgimento del corso dai e dalle ragazzi/e in Servizio Civile Universale provinciale presso il Centro per la Cooperazione Internazionale e il Forum trentino per la Pace e i Diritti Umani.

 

MODULO TRASVERSALE: GESTIONE DELLE DIFFERENZE E APPRENDIMENTO A DISTANZA  realizzato con i materiali prodotti da IPRASE

Il modulo è costituito da due webinar da visionare in autonomia entro il 10 settembre. Verranno forniti i link a seguito dell’iscrizione. I temi sono quelli  dell’insegnamento/apprendimento a distanza, per fornire delle competenze di base per gestire momenti formativi non in presenza e presentare delle risorse didattiche per sostenere l’apprendimento dell’italiano.

 

DESTINATARI

L’iniziativa è rivolta prioritariamente a giovani, volontari/e ed aspiranti volontari/e, tra i 16-30 anni. In accordo con la propria scuola, le ore di formazione possono essere riconosciute come Alternanza Scuola Lavoro.

 

COME ISCRIVERSI

Per iscriverti al corso di formazione, compila il seguente modulo d’iscrizione entro il 25 agosto 2020. Riceverai tutte le informazioni per accedere alla formazione insieme alla conferma dell’iscrizione.

 

CONTATTI

Per informazioni  sulle iscrizioni: Giovanna – formazione@volontariatotrentino.it – 0461 916604

Per informazioni sui contenuti del corso: Martina – martina.camatta@cci.tn.it – 0461 093000

Il Forum deve restare autonomo

IL FORUM DEVE RESTARE AUTONOMO

Preoccupazioni e rettifiche in merito alla proposta di emendamento  della legge istitutiva del Forum

 

Aggiornamento: l’emendamento ha suscitato polemica e discussione e, anche a seguito di una nostra presa di posizione, è stato poi successivamente ritirato dal Consigliere Cia.

 

Nei giorni scorsi, la presentazione di un emendamento all’articolo 14 del disegno di legge n. 60, Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2020-2022, attualmente in discussione presso il Consiglio Provinciale, ha posto in discussione le competenze, il funzionamento e le risorse del Forum trentino per la pace e i diritti umani, organismo permanente istituito con legge provinciale 10 luglio 1991, n. 11 (“Promozione e diffusione della cultura della pace”), come strumento incardinato presso lo stesso Consiglio e chiamato a mantenere vigile l’attenzione sui temi della pace, dei diritti umani, della solidarietà tra i popoli e delle modalità non violente di risoluzione dei conflitti.
L’emendamento, proposto dal consigliere Claudio Cia (AGIRE per il Trentino), promuove una serie di modifiche alla legge 11/1991 volte a ridurre l’autonomia progettuale e gestionale del Forum, subordinandone estesamente l’operatività all’autorizzazione preventiva del Consiglio Provinciale.

A commento della proposta, gli organi di stampa hanno inoltre riportato dichiarazioni del consigliere Cia che risultano gravemente lesive della reputazione del Forum.

Queste circostanze hanno determinato la convocazione d’urgenza, in via informale, di una riunione video del Consiglio della Pace, che si è svolta ieri sera con il coordinamento del presidente Massimiliano Pilati. Nell’occasione, i partecipanti hanno ribadito la scelta irrinunciabile del confronto, del dialogo e della discussione democratica come metodo e valore portante del Forum: si intende quindi trasmettere al consigliere Cia e al presidente del Consiglio Walter Kaswalder l’invito ad avviare un tavolo di confronto, aperto alla comunità, che possa offrire un’occasione reale per ripensare le politiche della pace in relazione alle sfide poste dalle recenti e gravissime crisi internazionali e da vecchie e nuove forme di conflittualità, comportamenti d’odio e violenza verbale.
Lasciando agli organi competenti il giudizio sull’ammissibilità dell’emendamento in relazione alla legge di bilancio, ci preme, d’altra parte, rettificare tempestivamente ogni affermazione diffamatoria emersa nel dibattito sollecitato dalla tornata consiliare in corso. Va rimarcato che fino ad oggi è mancata qualsiasi possibilità di incontro e ascolto diretto tra il consigliere Cia e il direttivo del Forum; è nostro auspicio invece poter contare su un più assiduo scambio con la compagine consiliare dentro e fuori dall’aula.

Chiarimenti sul mandato e l’organizzazione del Forum
Ci preme in primo luogo sottolineare l’importanza che il nostro territorio ha sempre dato, in coerenza con i principi costituzionali, al ripudio della guerra, alla promozione dei diritti umani, delle libertà democratiche e della cooperazione internazionale, riconoscendo nella pace un diritto fondamentale dei popoli e al contempo favorendo l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, in ottemperanza al principio di sussidiarietà da sempre al cuore della nostra Autonomia.
Il Trentino, ad evidenza, non è l’Onu, ma siamo fermamente persuasi che sia fondamentale difendere le grandi conquiste democratiche e mettere la cultura del dialogo, della pace e del rispetto dei diritti umani al centro dell’agire politico e sociale fin nel nostro più piccolo Comune. Per questo motivo la nostra Provincia fin dal 1991 ha ravvisato la necessità di dotarsi di strumenti autonomi capaci di sviluppare dialogo, di costruire percorsi di cittadinanza consapevole e attiva nonché di consigliare e dove necessario richiamare, anche criticamente, le stesse istituzioni al rispetto di quella cultura dei diritti evocata fin dall’art. 2 dello Statuto Speciale Trentino Alto Adige.
Per esercitare questa funzione consultiva è dunque necessario che il Forum mantenga la propria autonomia e indipendenza nelle forme previste dalla legge istitutiva, che peraltro è già chiara anche nel definirne gli obblighi nei confronti del Consiglio Provinciale. Ci risulta infatti di difficile comprensione la richiesta di assoggettare il Forum ad un maggiore controllo amministrativo, dal momento che ogni nostro atto passa già, doverosamente, dagli uffici di Via Manci 27. La legge prevede inoltre che del Consiglio della Pace facciano parte il Presidente del Consiglio Provinciale (Walter Kaswalder), due consigliere provinciali di minoranza (Lucia Coppola, Sara Ferrari) e una di maggioranza (Mara Dalzocchio); è membro di diritto infine anche il Presidente della Giunta Provinciale che, solitamente, delega l’Assessore competente (in questo caso Mirko Bisesti). Il Forum della Pace si pone dunque come una realtà trasversale, unica in Italia, dove le istituzioni siedono allo stesso tavolo assieme al mondo delle associazioni e ad altri enti presenti sul territorio (comuni, università, fondazioni museali, scuola…) per concorrere collegialmente alla creazione di percorsi e iniziative attinenti alla promozione e diffusione della cultura della Pace.

Precisazioni in merito al bilancio del Forum
Vogliamo inoltre smentire categoricamente ogni illazione che l’analisi dei bilanci del Forum trentino per la pace e i diritti umani suggerisca un’evoluzione della sua funzione verso una sorta di ufficio di collocamento.
Per lo sviluppo delle proprie attività, il Consiglio della Pace ha fatto la scelta di investire una parte del proprio budget per un dipendente che faciliti la realizzazione delle linee politiche decise dal direttivo secondo criteri di efficacia ed efficienza. Nel rispetto della normativa sugli incarichi, la modalità utilizzata è quella del comando: l’operatore in servizio presso il Forum non è quindi una persona assunta dall’esterno, ma un dipendente pubblico già assunto da altra amministrazione il cui stipendio, pari al costo lordo di un funzionario pubblico inquadrato al livello D base, viene pagato dal Forum. Nello specifico si tratta di Riccardo Santoni, stimato educatore professionale regolarmente assunto dal Comune di Trento attraverso concorso pubblico nel 2004, che coordina le attività del Forum trentino per la pace e i diritti umani da gennaio 2017. Lo scarto economico evidenziato dal consigliere Cia rispetto al bilancio 2016, come risulta dalla tabella allegata, è dettato unicamente dal fatto che la precedente operatrice in comando al Forum è rimasta presso questo organismo solo per i primi mesi dell’anno, trasferendosi poi presso altro servizio provinciale.

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Smentiamo con forza l’interpretazione del consigliere Cia secondo cui l’aumento contingente delle spese relative al personale avrebbe determinato una riduzione dell’impegno del Forum nell’organizzazione di eventi ed iniziative.
A fronte di un finanziamento costante di 70.000 euro, nell’anno in cui il Forum ha avuto a disposizione una dipendente solo per pochi mesi, la voce di spesa “Spese per organizzare eventi ed iniziative” risulta bensì molto più alta che nelle annate successive; tuttavia, la presenza costante di un dipendente si è dimostrata molto efficace proprio rispetto alla necessità dell’ente pubblico di contenere la spesa, come attesta la tabella che registra le attività annuali del Forum disponibile sul sito del Forum.

La tabella mostra chiaramente come le attività siano nettamente aumentate rispetto al 2016, in cui, come specificato, il Forum ha potuto contare su una dipendente solo per alcuni mesi. La presenza continuativa di un dipendente qualificato permette infatti di moltiplicare i momenti di sensibilizzazione nelle scuole e di tessere reti di collaborazione fra associazioni, istituzioni e territori. In questo modo è possibile organizzare eventi che non richiedono l’attribuzione di incarichi (inevitabilmente onerosi) a gestori esterni, ma si sviluppano invece attraverso la condivisione virtuosa tra diversi soggetti pubblici e privati di risorse umane e materiali, di contatti, di competenze. In questi anni, l’incremento del lavoro di rete è stato perseguito proprio con attenzione al contenimento della spesa pubblica, tanto è vero che a fronte di un finanziamento rimasto costante nel tempo il numero e l’impatto delle attività svolte è stato sensibilmente maggiore.
In conclusione, riteniamo pleonastico sottolineare come la legge istitutiva del Forum trentino per la pace e i diritti umani non abbia certo voluto attribuire a questo organismo l’obiettivo di risolvere crisi e conflitti internazionali. Il nostro mandato è di promuovere una cultura di pace ed è quanto ci impegniamo a fare attraverso sistematiche azioni di sensibilizzazione e attraverso una molteplicità di progetti volti a favorire la coesione sociale nei nostri territori, con particolare attenzione ai giovani e alle periferie. Un sostanziale ripensamento della natura e delle prerogative del Forum metterebbe naturalmente in questione la volontà e l’entusiasmo con cui tante e tanti, nel Consiglio della Pace, prestano gratuitamente il proprio tempo e le proprie energie nella convinzione di contribuire, nelle dimensioni che ci sono proprie, al bene comune.

Fermiamo l’annessione dei territori palestinesi da parte di Israele

Il 2020 verrà di certo ricordato come un anno sconvolgente, un punto di non ritorno che ha fatto prendere coscienza all’umanità dei propri limiti e delle proprie fragilità. Per alcuni, però, quest’anno potrebbe simboleggiare una catastrofe nella catastrofe: stiamo parlando, tra gli altri, del popolo palestinese, che in una situazione di privazione di diritti e di occupazione militare che perdura da 72 anni -ovvero dal 1948, anno della fondazione dello Stato di Israele- è stato costretto a fronteggiare allo stesso tempo la crisi sanitaria dovuta al coronavirus e l’annuncio dell’avvio del nuovo piano di annessione dei territori occupati.

Il piano, i lettori lo ricorderanno, è il culmine del lungo sodalizio politico tra il presidente israeliano Netanyahu e il suo omologo statunitense Trump, che ne ha scritto e sponsorizzato la prima versione. Non è solo lo stile e l’ideologia ad accomunare i due personaggi, ma anche la tendenza a gestire crisi politiche interne (le lunghissime crisi di governo e i processi per corruzione di Netanyahu, le imminenti elezioni statunitensi e via dicendo) attraverso iniziative muscolari che creano consenso – o dibattito- immediati ma che a lungo andare si potrebbero rivelare estremamente destabilizzanti. È così che il mondo attende, il primo luglio prossimo, il voto della Knesset, il parlamento israeliano, sulla proposta governativa di annettere unilateralmente circa il 30% della Cisgiordania. Attualmente, lo ricordiamo, a seguito degli Accordi di Oslo del 1993 la West Bank è divisa in aree a diversi gradi di controllo politico-amministrativo palestinese o israeliano.

Dalle diverse mappe degli scenari di annessione che sono circolate in questi mesi emerge il rischio dell’ufficializzazione di uno status quo già di fatto esistente, ma molto lontano da quanto stabilito dal diritto internazionale e da quanto dovrebbe prevedere una reale soluzione di pace. Con il pretesto di collegare e annettere le numerose colonie illegali israeliane presenti in Cisgiordania, che contano circa 450mila abitanti, si andrebbe a normalizzare definitivamente la geografia a macchia di leopardo della Palestina, creando veri e propri bantustan: piccole enclave -città o municipalità palestinesi – militarizzate e circondate dal muro di separazione, all’interno delle quali vivrebbero persone senza diritto di cittadinanza né libertà di movimento. Sono già oggi più di 500 i checkpoint militari israeliani che ostacolano la libera circolazione dei palestinesi nel territorio assegnato loro dalle Nazioni Unite, inficiandone il diritto all’istruzione e al lavoro. Oltre all’appropriazione di terre, acqua e risorse naturali, preoccupa ancor di più il principio secondo il quale il governo israeliano intende annettere dei territori selezionando i cittadini che vi vivono secondo una gerarchia etnica. Sono circa 65mila, ad esempio, i palestinesi residenti solo nella Valle del Giordano, ma qualora essa venisse annessa ad Israele è già stato dichiarato che nessun tipo di diritto di cittadinanza sarebbe loro concessa. Uno Stato che controlla territori annessi con la forza, che esercita controllo militare su di essi ma che non riconosce alcuna libertà personale, cittadinanza o partecipazione politica a chi vi è nato e vissuto, formalizza e rafforza, purtroppo, un vero e proprio sistema di discriminazione razziale che non può essere definito altrimenti se non come apartheid.

Le reazioni palestinesi a questa prospettiva sono state varie, a volte quasi rassegnate e a volte vigorose. È il caso delle mobilitazioni del movimento Palestinian Lives Matter, che ha protestato contro l’occupazione e contro le uccisioni indiscriminate di palestinesi dopo la morte di Iyad al-Hallaq, un ragazzo autistico a cui la polizia israeliana ha sparato a sangue freddo perché lui, spaventato, non ha risposto ad un controllo di sicurezza. Rappresentano un bel segnale anche le manifestazioni di cittadini israeliani che, a Tel Aviv come in altre città, sono scesi in piazza per ribadire il loro rifiuto del rafforzamento dell’occupazione e il loro desiderio di una pace giusta. A onor del vero, però, va sottolineato che queste posizioni sono attualmente estremamente minoritarie in Israele e la deriva in senso identitario, sovranista ed etnicista dello Stato e del governo appare sempre più consolidata. Anzi, c’è di più: parrebbe che se, allo scadere del primo luglio, gli scenari di annessione più vasti non si verificheranno (in favore di atti più simbolici e ridimensionati di riconoscimento di alcune colonie, comunque illegittime per il diritto internazionale), non sarà grazie alle proteste degli israeliani democratici, ma a causa proprio dei nazionalisti ebrei di estrema destra, che rifiutano ogni compromesso e piano che preveda un riconoscimento, implicito o esplicito, di qualsiasi sovranità ai palestinesi.

La impasse nella quale Israele è caduta da decenni, che consiste nel non voler scendere a compromessi né con sé stessa né con altri in termini di sovranità territoriale e nella definizione etnica di Stato Ebraico, è sempre più evidentemente la causa di una pericolosa stagnazione del processo di pace, che potrebbe tradursi a brevissimo nel suo definitivo fallimento. È per questo che la situazione israelo-palestinese continua a riguardarci, oggi più che mai, non solo come “questione morale dei nostri tempi”, come la definiva Nelson Mandela, ma anche a causa delle ripercussioni per la pace e l’equilibrio mondiale delle politiche autocratiche delle grandi potenze coinvolte -Israele e USA in prima linea, ma anche i paesi arabi, la Russia e l’Iran sullo sfondo. Non è un segreto che Trump, Netanyahu, Putin e non solo osteggino apertamente ogni forma di multilateralismo, indebolendo le istituzioni internazionali e prediligendo azioni politiche bilaterali o addirittura completamente autonome. Ne sono una prova le recenti sanzioni promulgate dall’amministrazione Trump nei confronti della Corte Penale Internazionale dell’Aja che sta indagando sui crimini di guerra statunitensi in Afghanistan: un gesto gravissimo ma tutto sommato coerente, dato che alla Corte gli USA e Israele non hanno mai aderito, non accettando di dover sottostare a leggi o indagini di istituzioni sovranazionali nate per garantire giustizia e rispetto dei diritti umani.

Il ruolo dell’Europa, e in definitiva di noi comuni cittadini, è in questa prospettiva sempre più cruciale: se pochi ma influenti paesi tentano di delegittimare gli sforzi internazionali per la pace, la giustizia e la lotta ai cambiamenti climatici, è evidente che l’Unione Europea deve impegnarsi con determinazione e coraggio ad assumere la guida di queste sfide fondamentali per il futuro dell’umanità. Ogni riflessione, mobilitazione e pressione dal basso da parte dei cittadini può fare la differenza, come nel caso degli appelli che già a maggio hanno spinto 70 parlamentari italiani a chiedere al Governo italiano di impegnarsi a condannare e scongiurare l’eventualità dell’annessione.

Sperando che non sia troppo tardi, continuiamo a sensibilizzarci e a costruire percorsi di pace possibili.

Pier Francesco Pandolfi de Rinaldis, Presidente Associazione Pace per Gerusalemme

Massimiliano Pilati, Presidente Forum Trentino per la pace e i diritti umani

Lettera all’Assessore Bisesti per il Servizio civile

Condividiamo con voi la lettera mandata questa mattina all’Assessore Mirko Bisesti in merito alla questione relativa alla riduzione dei finanziamenti per i progetti di servizio civile in seguito all’emergenza sanitaria.  

 

Gentile Assessore Mirko Bisesti,

con la presente a nome del Forum Trentino per la pace e i diritti umani (di seguito Forumpace) vorrei porre alla sua attenzione il tema del Servizio Civile Universale Provinciale.

In questi giorni ho appreso che, a seguito della rimodulazione del bilancio provinciale  causata dall’emergenza sanitaria in atto, i progetti di servizio civile che avrebbero dovuto cominciare a giugno e a settembre non hanno i necessari finanziamenti e quindi non verranno avviati.

Mi permetto, in qualità di Presidente di un organismo “consulente” della Giunta e del Consiglio Provinciale, di formulare una riflessione e una relativa proposta su questo settore, le politiche giovanili, che è di nostra pertinenza e di assoluta importanza.

Da sempre come Forumpace riteniamo che il Servizio Civile, sia in precedenza nella sua forma di alternativa al sistema militare che ora come importante momento civico, garantista alle ragazze e ai ragazzi che lo praticano un momento di fondamentale importanza per la loro crescita come cittadini consapevoli e responsabili e doni quindi una rilevante impronta nella loro formazione, anche professionale. A maggiore ragione in un momento come quello attuale in cui i pilastri della nostra società sono messi a dura prova dalla pandemia, il contributo al mantenimento di una civile convivenza può passare anche attraverso i molti progetti di servizio civile messi in campo da istituzioni, associazioni, enti che, grazie alle splendide energie di questi giovani, contribuiscono a sostenere la vitalità dei nostri territori.

Credo quindi importante che si continui a garantire sostegno a questi progetti che, come già ribadito recentemente dalla Consulta provinciale del Servizio Civile, andrebbero ritarati in base alla situazione emergenziale per garantire la sicurezza e la salute dei ragazzi e degli utenti delle loro attività.

Capisco che l’emergenza sanitaria richieda un ripensamento globale degli investimenti provinciali ma proprio per il momento che viviamo ritengo che il Servizio Civile Universale Provinciale non solo debba essere garantito nei suoi progetti ma addirittura rafforzato. I progetti seguiti in questi anni da migliaia di ragazze e ragazzi in Trentino riguardano temi fondamentali come la sostenibilità ambientale, l’assistenza ai bisognosi, la solidarietà, l’attivazione di processi di coesione sociale e l’aiuto diretto nei nostri territori locali.

E al di là dell’aiuto alla nostra società e dell’aspetto di crescita personale per questi ragazzi, tema quest’ultimo sul quale il Forumpace da anni collabora con l’ufficio del servizio civile nella loro formazione, vorrei sottolineare che anche attraverso questa attività si porta un prezioso aiuto economico alla nostra comunità. Ogni mese per la loro attività questi ragazzi ricevono infatti 600 euro netti. In un momento in cui si parla di aiutare le nostre famiglie con contributi “di sussistenza” credo che non vada sottovalutato il contributo economico diretto dato da questi ragazzi attivi nel loro territorio e non passivi sul divano di casa.

Per questi motivi mi associo alle richieste della già citata Consulta provinciale del servizio civile nel chiedere di avviare una seria riflessione che coinvolga necessariamente anche gli enti del servizio civile.

Da qualche anno il Servizio Civile viene definito universale. Addirittura prima della fase emergenziale si era avviato in tutta Italia una discussione sulla necessità di renderlo obbligatorio. Universale, non è termine da poco e perchè universale lo sia davvero, significa che tutti coloro che lo desiderano lo possano svolgere pienamente.

Per garantire questo diritto/dovere di cittadinanza attiva universale nato per servire la patria (art. 52 della Costituzione) in alternativa al servizio militare urge sicuramente un ripensamento globale dei nostri investimenti sia locali che nazionali. Anche se non di pertinenza provinciale non posso non citare infatti che, a fronte di questa situazione di stallo del sistema del servizio civile (ancora più drammatica nelle altre regioni italiane dove l’istituzione locale spesso non supporta questo importante presidio territoriale) invece i fondi per armi e strutture militari rimangono cospicui, intoccati e in aumento.

Ringraziando, si inviano cordiali saluti.

                                                               dott. Massimiliano Pilati

                                                           Presidente del Forum trentino per la pace e i diritti umani

 

 

Qui potete trovare la versione ufficiale del documento: Lettera ass. Bisesti per servizio civile

25 aprile: rimanga Festa della Liberazione dal nazifascismo

25 APRILE: RIMANGA FESTA DELLA LIBERAZIONE DAL NAZIFASCISMO

Per una nuova costituente per creare società ed economie più pacifiche, giuste e sostenibili

 

Il 25 aprile festeggeremo il 75° anniversario della Liberazione d’Italia dal Nazifascismo. Sarà uno strano festeggiamento, nessun corteo, nessuna commemorazione, nessun evento, nessun concerto a causa del Coronavirus. Ho letto di qualche proposta di trasformare questa fondamentale ricorrenza come data per ricordare d’ora in poi tutte le vittime del Covid-19. Credo che sarà importante trovare una data fissa per ricordare questo drammatico momento storico che stiamo vivendo e le vittime che si sta portato dietro, ma anch’io, come tante cittadine e tanti cittadini, movimenti, enti e associazioni che in queste ore si stanno adoperando per ricordarne tutta la portata storica e di lezione per il presente, sono persuaso che il 25 aprile dovrà  rimanere per sempre la Festa della Liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista.

Ritengo sia importante per il bene della nostra Democrazia ricordarci che c’è stato un tempo, non tanto lontano, in cui non eravamo liberi di professare il nostro pensiero, non eravamo liberi di esercitare il nostro diritto di critica, non eravamo liberi di condividere le nostre passioni e i nostri ideali con chi la pensava come noi, non eravamo liberi di credere in un Dio diverso da quello voluto dal nostro Stato, non eravamo liberi di avere l’identità sessuale che meglio ci rappresentava. C’è stato un tempo, in definitiva, in cui i nostri  diritti umani non erano garantiti e se questo non ci andava bene e pensavamo di protestare rischiavamo pestaggi, confino, arresto, uccisione…

Oggi anche in Italia, che certo non ha un regime dittatoriale, ci sembra di poter assimilare la mancanza di libertà causata dalle restrizioni del Coronavirus con la mancanza di libertà sotto una dittatura e non vediamo l’ora di poter avere una sorta di Festa della Liberazione dal virus. Ma non sono la stessa cosa. Allora il nemico da cui liberarci usava sgherri, milizie ed esercito per opprimerci, oggi il nemico è di natura totalmente diversa, seppur, comunque pericoloso. Eppure anche in questi giorni in cui dobbiamo seguire rigorosamente le indicazioni impartite dalle nostre istituzioni (nazionali e territoriali) non dobbiamo mai lasciare che questo crei una erosione permanente dei nostri diritti umani fondamentali e indivisibili. Oggi l’obbligo di tutelare il bene collettivo e la salute pubblica entra in frizione con i nostri diritti civili e umani, è giusto accettarlo temporaneamente ma è fondamentale restare vigili perchè la necessità temporanea non rischi di diventare permanente. Ce lo ricordano da inizio crisi anche vari pronunciamenti delle Nazioni Unite che hanno esortato gli stati a fondare qualsiasi iniziativa ed approccio alla gestione della crisi pandemica sui diritti umani e ad assicurare i rispetto dei diritti e del diritto alla salute per le persone più vulnerabili.

Infine, se proprio vogliamo trovare un nesso tra queste liberazioni credo che dovremmo cercarlo nel periodo che è seguito alla Liberazione dal Nazifascismo e che, speriamo presto, seguirà alla fine del pericolo e del Lockdown impostoci dal virus.

Mi riferisco allo splendido momento storico della fase costituente durante il quale donne e uomini di varia estrazione sociale, politica e geografica hanno costruito la nostra Democrazia creando la Costituzione più bella del Mondo.

Il Covid-19 in qualche modo ci costringerà ad una nuova ripartenza creando regole, comportamenti, abitudini e azioni nuove. Non sarà facile ne indolore ma potrebbe essere un importante momento per una nuova Costituente durante la quale, di nuovo, come dopo il 25 aprile 1945, uomini e donne dovrebbero essere chiamati a riscrivere il nostro Mondo.

Un nuovo Mondo con regole diverse ma soprattutto con priorità diverse. Un Mondo libero dalle guerre che servono per accaparrare le terre e le risorse del pianeta, la cui violenza si abbatte sulla parte più debole della popolazione civile e che continuano purtroppo ad essere finanziate, preparate e messe in atto in molte parti del mondo causando distruzioni irreparabili all’ambiente e grandi spostamenti forzati di popolazioni. (Ha dichiarato Antonio Guterres, segretario generale dell’ONU: “La furia del virus mostra la follia della guerra. Per questo chiedo un cessate il fuoco mondiale”). Un mondo quindi non più chiamato a spendere 1820 miliardi di dollari in un anno in spese militari mondiali (quasi 5 miliardi di dollari al giorno, 239 dollari a persona). Un mondo in cui la salute venga riconosciuta come un bene comune globale e in cui la parola sanità pubblica non sia più una parolaccia e soprattutto non sia un costo da abbattere il più possibile. Un Mondo dove l’educazione, anche reinventata, sia un caposaldo da cui partire. Un Mondo che necessariamente deve fare la pace con l’ambiente che lo ospita. Un Mondo capace di accogliere, un Mondo che cerchi di abbattere il più possibile le diseguaglianze che lo attanagliano ora e che la pandemia ha, drammaticamente, aumentato. Un Mondo capace di ripartire dai territori e dalle loro peculiarità sociali, culturali, ambientali ed economiche. Un Mondo chiamato ad una nuova transizione davvero e con ogni evidenza necessaria verso società ed economie più pacifiche, giuste e sostenibili.

Proviamo ad immaginare assieme un Mondo così, partendo dai nostri Comuni?

di Massimiliano Pilati

Presidente Forum Trentino per la Pace e i Diritti umani

Diritti umani e stato d’emergenza: l’appello della rete In Difesa Di al CIDU

La rete “In Difesa Di – Per i diritti umani e chi li difende” ha inviato una lettera al Comitato Interministeriale per i Diritti Umani (CIDU), per chiedere che le Nazioni Unite siano notificate al più presto sulle misure eccezionali approvate per far fronte all’emergenza COVID-19 e che venga attuato un monitoraggio sulle deroghe ai diritti umani fondamentali.

La drammatica ed eccezionale situazione che stiamo vivendo, e la necessità di salvaguardare il diritto alla salute e alla vita,  autorizza infatti gli Stati ad approvare misure drastiche che prevedono la limitazione o la sospensione – seppur temporanea – di alcuni diritti fondamentali, tra cui quello di movimento, di assemblea, di organizzare e partecipare a manifestazioni, o alla privacy.

Sin da subito è stato evidente il rischio che lo stato di emergenza a livello globale possa trasformarsi – soprattutto nei paesi governati da regimi autocratici e con deriva autoritaria – in uno stato d’eccezione permanente o che possa divenire il pretesto per limitare ulteriormente gli spazi di agibilità civica e le libertà civili. Per questo già il mese scorso vari esperti delle Nazioni Unite e  l’Alta Commissaria delle Nazioni Unite per i diritti umani Michelle Bachelet hanno esortato gli Stati a garantire un approccio basato sul rispetto dei diritti umani, ad approvare soltanto misure proporzionate e temporanee, e a garantire il diritto alla salute a tutte e tutti, incluse le persone più vulnerabili e marginalizzate.

Il diritto internazionale prevede situazioni, come le pandemie, in cui le deroghe ai diritti civili e politici sono consentite, ma allo stesso tempo indica anche alcuni contrappesi e garanzie. Tra questi, l’obbligo di notificare ai treaty bodies (gli organismi di monitoraggio) delle Nazioni Unite le misure approvate e le deroghe ai diritti civili e politici in atto. Secondo quanto stabilito dal Patto Internazionale sui diritti civili e politici, ogni deroga dovrà infatti essere limitata alla misura strettamente richiesta dalla situazione e gli Stati devono poter giustificare ogni misura presa.

La proclamazione dello stato di emergenza inoltre non deve prescindere da criteri di trasparenzaaccountability. È proprio in questa situazione emergenziale che sarebbe stata fondamentale l’azione di monitoraggio e supervisione dell’Autorità nazionale indipendente sui diritti umani, non ancora istituita in Italia nonostante i numerosi appelli della società civile.

La rete In Difesa Di chiede pertanto al CIDU innanzitutto di notificare immediatamente alle Nazioni Unite la dichiarazione dello stato di emergenza, le misure prese, e come esse impattino sui diritti fondamentali. In secondo luogo il CIDU è chiamato, in assenza di un’autorità nazionale indipendente sui diritti umani, ad assicurare un monitoraggio costante e pubblicamente accessibile sulla compatibilità di queste misure con le Convenzioni internazionali sui diritti umani.

Infine l’Italia, in quanto membro del Consiglio ONU per i Diritti Umani, dovrebbe adoperarsi con ogni mezzo a sua disposizione affinché la situazione di emergenza non diventi un pretesto per giustificare violazioni dei diritti umani e attacchi contro i difensori e le difensore dei diritti umani in altri paesi del mondo, come sottolineato anche nella comunicazione dei Relatori Speciali dell’ONU.

Francesco Martone

Portavoce  della rete “In Difesa Di – Per i diritti umani e chi li difende”

 

Organizzazione firmatare:

A Buon Diritto

A Sud

AIDOS

Amnesty International Italia

Antigone

ARCI

AOI

CIES Onlus

CIPSI

CISDA

COSPE

Cultura e Libertà

Endangered Lawyers Project

Fondazione Lelio e Lisli Basso onlus

Giuristi Democratici

Greenpeace Italia

International Human Rights Corner

Libera – Associazioni, nomi e numeri contro le mafie

Movimento Nonviolento

Operazione Colomba, corpo nonviolento di pace APG23

Osservatorio Solidarietà, Carta di Milano

Terranuova

Un Ponte Per

Unione Forense per la Tutela dei Diritti Umani

Yaku