Concerto per la Pace

L’umanità̀ è sconvolta dalle tragedie delle guerre che provocano massacri sulle popolazioni civili inermi. Al dramma dell’Ucraina e alle catastrofi disumane della guerra israelo-palestinese, si aggiungono altri sessanta conflitti armati nel mondo. Tutti siamo chiamati a reagire. A batterci per la pace contro l’escalation della Terza Guerra Mondiale a pezzi. Ci stiamo dimenticando del disastro provocato dalle ultime due guerre mondiali? Per questo è centrale rimarcare il diritto alla memoria come diritto essenziale. Come base per ricordare l’esistenza e le ragioni dei diritti umani. Come strumento fondamentale per costruire la Pace, intesa come sistema, non come utopia. 

Il Concerto per la Pace del Coro Bella Ciao, venerdì 19 gennaio 2024, alle 20.30 presso il Vigilianum – Polo Culturale Diocesano (Via Endrici 14 – Trento) vuole tracciare un cammino preciso in questa direzione. Nato per celebrare la Giornata della Memoria del 27 gennaio, il concerto vuole ricordare come proprio l’orrore senza fine e senza precedenti della Shoah del popolo ebreo e dello sterminio di rom, sinti, omosessuali e oppositori politici, fu una delle molle che – nel secondo dopoguerra – fece nascere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Ricordare quell’orrore, assumendocene le responsabilità̀ storiche, significa mettere in campo tutto quello che possiamo per evitare che si ripeta. 

Così le canzoni del coro tracceranno un filo conduttore attraverso i diritti da ricordare e difendere, aiutate da immagini d’epoca e contemporanee e dalla narrazione di Raffaele Crocco, direttore di Unimondo e dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo. Ad introdurre il racconto saranno gli interventi di Diego Andreatta, direttore di Vita Trentina, Sandro Schmid, presidente onorario del Coro Bella Ciao e Massimiliano Pilati, presidente del Forum per la Pace e i Diritti Umani del Trentino

La serata è organizzata grazie alla collaborazione fra il Coro Bella Ciao, Vita Trentina, il Forum trentino per la pace e i diritti umani e l’Associazione 46° Parallelo – Atlante delle Guerre

L’ingresso è gratuito.

“Ti vedo”: un podcast sui diritti umani per tenere alta l’attenzione

Sono passati ormai settantacinque anni dalla promulgazione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, ma ancora oggi ben 27 milioni di persone vivono in schiavitù. Al netto dell’aumento esponenziale della popolazione mondiale, si tratta di numeri diventati comunque più del doppio rispetto a quando il commercio di schiavi era legale e ai suoi massimi livelli.

Parte da questo semplice quanto spiazzante dato la prima puntata del podcast “Ti vedo”, il nuovo format realizzato dal Centro per la Pace di Bolzano in collaborazione con il Forum trentino per la pace e i diritti umani, l’Associazione Viraçao&Jangada e ilTquotidiano, oltre al sostegno e supporto della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol.

«Si tratta di un’occasione per avvicinare i giovani ai temi pregnanti delle nostre associazioni, – ha spiegato Marianna Montagnana, coordinatrice del Centro per la Pace di Bolzano – ossia educare alla pace e alla non violenza, oltre che al rispetto dei diritti umani, contrastando la guerra, promuovendo una convivenza pacifica fra popoli e persone e creando ponti all’insegna della giustizia sociale e dell’eguaglianza».

In ogni episodio, oltre ad intervistare i protagonisti internazionali nella lotta per la promozione dei diritti umani, si approfondiranno svariate tematiche cruciali, riguardanti ogni diritto fondamentale che starà al centro di ciascuna puntata, con tanto di call to action finale per ispirare negli ascoltatori delle azioni concrete e tangibili.

Le puntate

Nel corso della prima puntata, uscita il 10 dicembre, in occasione della Giornata mondiale per i diritti umani, è intervenuta ai microfoni di “Ti vedo” Francesca Caprini, portavoce della rete In Difesa Di. Una realtà che riunisce associazioni nazionali e internazionali impegnate a rafforzare la consapevolezza dell’opinione pubblica, della società civile e dei decisori politici sulla situazione delle e dei difensori dei diritti umani.

Nella seconda puntata, uscita il 24 dicembre, Ti vedo ha incontrato l’attivista brasiliana Cintia Guajajara, rappresentante del popolo indigeno di Lagoa Quieta. Quella di Cintia è una voce che testimonia la lotta indigena contro la deforestazione e l’accaparramento, in difesa di una terra devastata dalla violenza, divorata dal fuoco e assetata dalla siccità.

Nel terzo episodio, uscita il 7 gennaio, Ti vedo si sposta dal Sud America all’Africa per incontrare la sindacalista e attivista Pulchérie Gbalet, che con la sua associazione Alternative Citoyenne Ivoirienne si batte per difendere la libertà di espressione dei cittadini ivoriani. Incarcerata due volte e oggi sottoposta al divieto di esprimersi in pubblico, pena un’ulteriore detenzione, Gbalet racconta la nascita del movimento che guida, le difficoltà incontrate ma anche i traguardi raggiunti e le strategie che hanno consentito all’ACI di diventare punto di riferimento di tante cittadine e cittadini che non accettano il regime repressivo del presidente Ouattara.

Nella puntata conclusiva, uscita il 29 gennaio, Ti vedo ha intervistato suor Rita Zaninelli, missionaria comboniana, che ha lavorato per lungo tempo nella regione di Nampula, una delle più fragili e colpite dal fenomeno del land grabbing, la sottrazione di terre alle comunità locali, ai contadini e ai popoli indigeni per convertirle alla produzione intensiva e industriale.

Qui è possibile ascoltare le puntate del podcast Ti vedo.

“I Diritti Umani: 75 anni di?”

Lunedì 11 dicembre, in occasione del settantacinquesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, l’Assemblea del Forum trentino per la pace e i diritti umani organizza una rassegna dedicata ai temi della pace e dei diritti umani.

Domenica 10 dicembre si celebra il settantacinquesimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, un documento sui diritti della persona, adottato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948. 

La Dichiarazione rappresenta una delle tappe più alte della storia contemporanea: sancisce i diritti fondamentali e inalienabili di ogni individuo, promuovendo la dignità, l’uguaglianza e la libertà di tutti. In un contesto globale segnato dall’inasprirsi di nuovi e vecchi conflitti, dalla crescente disuguaglianza e dalla recrudescenza dell’emergenza climatica, la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani assume un ruolo cruciale nel richiamare all’attenzione la necessità di rispettare la dignità e i diritti di ogni individuo. 

Per ricordarne i principi, rimarcarne i valori, ma anche per celebrarne l’anniversario, le associazioni aderenti all’Assemblea del Forum trentino per la pace e i diritti umani, hanno deciso collegialmente di creare una rassegna di eventi che portino una serie di riflessioni, approfondimenti e emozioni.  

L’appuntamento è previsto per lunedì 11 dicembre 2023 presso la Sala Conferenze di Trento della Fondazione Caritro, a Trento, in Via Calepina 1 e avrà il titolo “I Diritti Umani: 75 anni di?”, una rassegna di eventi incentrata sui temi della pace e dei diritti umani.

La giornata comincerà alle 15.30 e si protrarrà fino a sera con un programma ricco di ospiti e contenuti.

Inaugura la giornata un Silent Play dal titolo “Effetto Farfalla” organizzato dall’associazione MLAL e condotto da Federica Manfrini e Valentina Dapor. I partecipanti, muniti di cuffie e facilitati dalle moderatrici, potranno interagire con le altre persone, muovendosi nello spazio e creando connessioni relazionali e di significato. Questa attività permetterà ai partecipanti di lavorare sulla loro sfera socio-emotiva connessa al cambiamento climatico.

A seguire, dopo la presentazione della rassegna, è previsto una prima conferenza dal titolo “Israele Palestina: quali diritti! – Reporter, fotografi e attivisti nonviolenti alla ricerca dei diritti nel contesto israelo palestinese”, alle 16.30. Partendo da un video saluto introduttivo di Moni Ovadia, la referente dell’associazione Pace per Gerusalemme  Amina Hussein, modererà le testimonianze dei volontari di Operazione Colomba, del reporter Raffaele Crocco dell’associazione 46° Parallelo e dei fotografi Jacob Balzani Lööv e  Rosy Sinicopri, che porteranno la loro mostra tratta dal libro Coordination Denied.

Alle 18.00 la docente e giornalista Paola Treglia leggerà alcuni brani dedicati ai diritti umani ed in particolare al diritto allo studio, raccolti e selezionati dall’associazione Docenti Senza Frontiere. Al termine delle letture, si terrà la conferenza “Costruire la pace con la cooperazione internazionale: lo scriviamo da 25 anni!”. L’incontro sarà anche l’occasione per celebrare il venticinquesimo compleanno di Unimondo, testata giornalistica online edita da Fondazione Fontana che offre un’informazione qualificata sui temi della pace, dello sviluppo umano sostenibile, dei diritti umani e dell’ambiente. Ad introdurre quindi saranno Pierino Martinelli direttore di Fondazione Fontana e Raffaele Crocco direttore di Unimondo e l’ascolto del podcast “Altro modo” fatto appositamente per questa ricorrenza da Michele Simeone. A seguire ci saranno gli interventi di Chiara Troiano di Intersos, Stefano Schiavo dell’Università di Trento, Silvia Stilli, Presidente di AOI e Zohra Mehri per i ragazzi del percorso “Cooperazione: mettiamola in Agenda!”. A chiudere gli interventi le considerazioni di Raffaele Crocco e Massimiliano Pilati, presidente del Forum trentino per la pace e i diritti umani. 

Al termine della conferenza verrà proiettato il cortometraggio “The Stupid Boydi Phil Dunn, presentato durante il Religion Today Film Festival del 2023 e vincitore del Premio “Nello spirito della pace” assegnato dalla giuria speciale del Forum trentino per la pace e i diritti umani.   A seguire è previsto un rinfresco comunitario, preparato dalla Cooperativa Samuele. Un’occasione di socializzazione e di confronto, per celebrare la giornata e passare insieme del tempo di qualità. 

Alle 21.00, si ripartirà con alcune letture a cura di Laura Bampi e Flavia Ioria dell’associazione Tremembè sul tema della tortura, che introdurranno la conferenza Tortura di stato?” – La tortura nel corso dei secoli, da quella inflitta alle streghe a quella che subiscono i migranti passando per Guantanamo, attraverso la storia del diritto penale. L’intervento approfondirà dal punto di vista giuridico a Convenzione contro la tortura ed altre pene disumane e degradanti adottata dalla Assemblea  generale dell’ONU del 10.12.1984, l’art.613 bis del codice penale  italiano ed i tentativi di abrogazione della norma. A parlarne sarà Nicola Canestrini, avvocato penalista con la moderazione di Lorenza Cescatti dell’associazione Giuristi Democratici.

L’evento è reso possibile grazie al sostegno delle associazioni che fanno parte dell’Assemblea del Forum trentino per la pace e i diritti umani: Associazione BiancoNero, Forum trentino per la pace e i diritti umani, Giuristi democratici, Operazione Colomba,  Fondazione Fontana, Associazione 46° Parallelo, Docenti Senza Frontiere, Tremembè, Pace per Gerusalemme e MLAL.

Alla luce dei recenti avvenimenti che stanno sconvolgendo l’Europa e il mondo, con la guerra tra Russia e Ucraina e quella tra Israele e Palestina, i conflitti dimenticati, la crescente disuguaglianza, la violazione delle libertà fondamentali e le conseguenze dell’emergenza climatica, è fondamentale collaborare per promuovere i valori della pace e dei diritti umani e per agire concretamente sul territorio. 

Per questo motivo, la giornata vuole essere anche un’occasione per invitare chi non ne fa parte, a presentare domanda di adesione all’Assemblea del Forum trentino per la pace e i diritti umani. Fino a giovedì 21 dicembre, infatti, in seguito all’elezione del nuovo Consiglio provinciale, le associazioni potranno inviare la loro richiesta per entrare a far parte della nuova Assemblea, che andrà a sostituire quella attuale, giunta al termine della proprio mandato. 

Per maggiori informazioni sull’evento dell’11 dicembre “I Diritti Umani: 75 anni di?” è a disposizione lo staff del Forumpace (telefono: 0461 213176, mail: forum.pace@consiglio.provincia.tn.it). 

Per maggiori informazioni sull’adesione al Forumpace trentino contattare la Segreteria organi collegiali del Consiglio provinciale (telefono: 0461-213290, mail: organi.assembleari@consiglio.provincia.tn.it).

Storie svelate al Teatro San Marco

Quattro docufilm, quattro diversi sguardi su diritti e autodeterminazione. A partire da mercoledì 20 aprile, Arcigay del Trentino, in collaborazione con Forum trentino per la pace e i diritti umani e Circolo del cinema “San Marco”, propone una rassegna cinematografica in quattro tappe per riflettere su quanto i percorsi individuali siano anche percorsi politici e collettivi, fonte di cambiamento e trasformazione.
Con “Porpora” ripercorreremo la storia di Porpora Marcasciano, protagonista dagli anni Settanta della lotta per l’autodeterminazione delle persone trans e oggi presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Bologna; “Lunàdigas” esplora invece la condizione personale e sociale delle donne senza figli, spesso ancora vittime di pregiudizi e luoghi comuni; “Let’s kiss” è incentrato sulla figura di Franco Grillini, fondatore di Arcigay e primo parlamentare italiano dichiaratamente omosessuale; “Un uomo deve essere forte” porta sullo schermo la storia di Jack, che ha intrapreso un percorso per adeguare il suo corpo a quello che ha sempre sentito di essere.
La rassegna è organizzata con il sostegno della Fondazione Caritro.
Tutti i film saranno proiettati al Teatro San Marco – via San Bernardino 6, Trento – con inizio alle ore 20.45; ingresso gratuito a offerta libera.

Mercoledì 20 aprile
PORPORA,
di Roberto Cannavò; Italia, 2021
Porpora è un viaggio on the road nell’avventura umana di Porpora Marcasciano, transessuale che ha vissuto da protagonista i movimenti femministi, comunisti e trans dagli anni Settanta ad oggi. Né uomo né donna, la sua identità è in transizione perenne.
In un viaggio da Bologna al sud, verso il suo paese natale, ripercorre con un compagno di viaggio più giovane un’esperienza di battaglie che durano ancora oggi. Dall’esplosione del ’77 alle notti folli di Roma fino all’impegno politico, Porpora racconta a una nuova generazione quanto l’individualità produca cambiamento sociale solo fondendosi e realizzandosi nella molteplicità.
A sessant’anni Porpora ha su di sé la fatica della sua leggerezza: senza nascondere qualche stanchezza, la sua giocosa interpretazione del mondo accompagna il desiderio di raccontare e di dipanare il filo della storia trans con la propria originale e provocatoria testimonianza.
Se il movimentismo attuale appare come minaccia ad alcuni e come forma residuale ai suoi protagonisti, se quello passato viene interpretato come mitologico e inerte, quale sarà la sintesi di una transgender e del suo compagno di viaggio al termine di questa ricerca?
A seguire, dibattito con Porpora Marcasciano. Modera Arianna Miriam Fiumefreddo.

Mercoledì 11 maggio
LUNÀDIGAS
di Nicoletta Nesler, Marilisa Piga; Italia, 2016
Lunàdigas è una parola della lingua sarda usata dai pastori per definire le pecore che in certe stagioni non si riproducono: le autrici l’hanno scelta per definire le donne che non hanno figli. Il documentario esplora questa condizione personale e sociale, ancora causa di stigmi e pregiudizi, facendo raccontare alle dirette interessate la propria esperienza in prima persona. Tra le intervistate ci sono donne anonime, donne celebri (come anche l’astrofisica Margherita Hack e la scrittrice Melissa Panarello) e le stesse autrici, le cui testimonianze, nel corso del film, fanno da commento e da collante di tutte le storie raccolte. Le interviste sono intervallate da una serie di “monologhi impossibili” (scritti da Carlo A. Borghi e interpretati da Monica Trettel) con cui si dà voce alle donne famose che non hanno avuto figli (da Coco Chanel a Rosa Luxemburg).
Il docufilm ha vinto il premio come miglior documentario al Porn Film Festival Berlin1 e il premio come miglior lungometraggio al Chouftouhonna Festival di Tunisi.
A seguire, dibattito con Nicoletta Nesler. Modera Katia Malatesta.

Mercoledì 18 maggio
LET’S KISS. FRANCO GRILLINI. STORIA DI UNA RIVOLUZIONE GENTILE
, di Filippo Vendemmiati; Italia, 2021
Il film biografico è incentrato sulla figura di Franco Grillini, bolognese, figlio di contadini laureato in pedagogia, uomo politico e gay tardivo, da sempre impegnato nella lotta per il riconoscimento dei diritti civili LGBTI+. Attraverso il racconto del protagonista, il biopic, con tono leggero e materiale inedito, ricostruisce oltre trent’anni di storia politica e testimonia una lotta dura e gentile nel nome della dignità e dell’uguaglianza. Un viaggio anche sentimentale lungo i luoghi della vita: dalla casa natale in campagna all’università, dalle vecchie sedi di partiti scomparsi fino al parlamento, passando per le strade e le piazze dei Gay Pride, da Roma a New York.
A seguire, dibattito con Filippo Vendemmiati e Franco Grillini.

Mercoledì 1° giugno
UN UOMO DEVE ESSERE FORTE
, di Ilaria Ciavattini, Elsi Perino; Italia, 2019
Sullo sfondo di una provincia cronica del nord Italia, fatta di fabbriche di armi, caccia sportiva e laghetti per la pesca facilitata, Jack intraprende un percorso di transizione per adeguare il suo corpo a quello che ha sempre sentito di essere: un uomo.
In una routine di lavori saltuari, amici del bar e pochi svaghi, Jack inizia ad interrogarsi su cosa significhi, al di là del corpo, essere un uomo e su che tipo di uomo essere, iniziando a mettere in discussione i modelli di mascolinità offerti dalla valle in cui vive.
«Il corpo in cui ci è capitato di nascere non determina la nostra essenza. E non è scontato che ciò che sentiamo di essere dentro di noi, nel profondo, corrisponda al nostro aspetto esteriore. Questa legge non scritta è valida per tutte le volte in cui si prova un senso di inadeguatezza, di vergogna, di fastidio, in special modo per chi sente di non appartenere al sesso femminile o maschile che ha ricevuto alla nascita. Questa è la vera storia, tra le tante, della trasformazione di Jessica in Jack» (Sentieri Selvaggi).
A seguire, dibattito con Ilaria Ciavattini, Elsi Perino e Jack. Modera Clizia Mistretta.

Diritti civili, ripartiamo dal nostro territorio

Lettera del nostro Presidente Massimiliano Pilati pubblicata su l’Adige del 02/11/2021

Su L’Adige di oggi, 31 ottobre, il direttore Faustini così commenta la sconcertante scena degli applausi per la riuscita della “tagliola” sul ddlzan: “Quando le istituzioni diventano un bar ai confini del mondo, a prescindere dalle forze politiche che lo trasformano in tale teatro incivile, a perdere siamo tutti noi: politica (sempre più lontana), senso dello Stato (sempre più calpestato), cittadini (sempre più sconcertati).

Da anni sono impegnato nella lotta per i diritti umani, per una società più equa, per la pace e per il disarmo. Purtroppo spesso capita che le battaglie politiche che porto avanti non vengano accolte dalle istituzioni alle quali mi rivolgo, è una cosa che chi lotta mette in conto e si va avanti comunque agendo per un cambiamento positivo della nostra Società.

Raramente però mi è capitato di assistere alla scena in cui parte dei rappresentanti della istituzione più alta della nostra Repubblica, dopo aver “bocciato” il ddl Zan, hanno schernito e offeso con la loro schiamazzante esultanza le persone che speravano invece che il ddl Zan diventasse legge per sentirsi più protetti e sicuri. PERSONE, non gay, non lesbiche, non trans, non disabili (lo sappiamo vero che si parlava anche di abilismo nel ddl Zan??) ma PERSONE. Persone con una loro dignità, un loro vissuto.

Giustamente si può essere in disaccordo con lo stile di vita che una persona sceglie per se, ma non dovrebbe mai mancare il rispetto nei suoi confronti, soprattutto da parte di chi dovrebbe invece rappresentare tutte le italiane e gli italiani, TUTTE, TUTTI (o, se vogliamo imparare ad essere inclusivi partendo dal nostro linguaggio, TUTTƏ) nessuno escluso.

In questi giorni in tutta Italia (e martedì 2 novembre anche a Trento) si stanno tenendo nelle piazze italiane numerose manifestazioni di rabbia, sdegno e denuncia di quanto successo l’altro giorno in Senato. Molte persone si sentono ferite da quanto successo e giustamente vogliono esprimere queste loro emozioni nella piazza. E’ giusto, io, pur non potendo partecipare, sarò con loro. E’ il momento di chiedere rispetto e di far valere la dignità di tutte le cittadine e i cittadini del nostro Paese. In questi giorni ho parlato con molte amiche e amici LGBT+ e ho percepito in loro tanta delusione, rabbia, senso di abbandono e sfiducia nelle nostre istituzioni.

Per questo mi permetto di lanciare un appello alle istituzioni più vicine a noi cittadini: ai nostri Comuni, alla nostra Provincia. Diamo un segnale a queste persone, facciamo sentire loro la nostra vicinanza, non solo simbolica. Pensiamo a dei dispositivi che possano andare loro incontro e soprattutto stimoliamo e facciamo pressione sul Governo e sul Parlamento nazionale perché non accadano più cose del genere e perché finalmente si pensi a tutelare parte della nostra società civile che non si sente ne rispettata ne tutelata.

La maggioranza del nostro Paese trova assolutamente normale questo. Si badi bene, non è solo una questione politica, è anche cosa culturale e infatti nell’appellarmi alle nostre istituzioni territoriali penso anche alla necessità di portare nelle nostre valli e nelle nostre case i temi dei diritti civili, del rispetto per l’altro (chiunque esso sia) e si contribuisca a creare un sereno clima di convivenza.

Nelle recenti elezioni amministrative tenutesi in varie parti d’Italia abbiamo assistito ad un pericoloso segnale di abbandono del voto da parte di moltissime persone, recuperiamo la fiducia dei cittadini e delle cittadine (TUTTƏ) nelle istituzioni, partiamo dal nostro territorio, partiamo dal Trentino.

Massimiliano Pilati
Presidente Forum trentino per la pace e i diritti umani

Riabilitare e onorare anche i militari disertori | La lettera del nostro Presidente

In questi giorni in Trentino i nostri media stanno dando spazio a iniziative volte a onorare la memoria dei caduti trentini nelle guerre.

E’ successo sia in occasione dell’apertura ufficiale del Museo degli Alpini sul Doss Trento che durante la tappa del passaggio della Staffetta Cremisi a Trento per il centenario della traslazione della salma del Milite ignoto da Aquileia a Roma. Nei prossimi giorni poi anche il Consiglio Comunale di Trento sarà chiamato ad esprimersi per una delibera che, rifacendosi ad un’iniziativa di carattere nazionale, vuole conferire la cittadinanza onoraria ai militi ignoti di tutte le nazionalità.

Iniziativa per la pace – Comune di Trento, 2015

Al di là della retorica militarista che spesso accompagna queste iniziative credo sia giusto onorare il ricordo di chi è morto durante le guerre passate e a maggior ragione sia giusto ricordare i militi ignoti, persone che non hanno avuto nemmeno la possibilità di essere seppellite con il loro nome e cognome e un posto dove essere piante dai loro cari. Molto interessante la volontà di onorare i militi ignoti di tutte le nazionalità senza invece fermarsi ai soli italiani.

Uomini morti spesso senza un perché, troppo spesso ubbidendo a ordini assurdi impartiti da generali che li vedevano solo come numeri di cui disporre liberamente e non come esseri umani. Onorare queste persone senza nome e simbolo dei milioni di ragazzi, un’intera generazione, che persero la vita in battaglia.

La nostra Repubblica, sin dalla sua fondazione, ha voluto allontanarsi dall’orrore della guerra. L’Italia, ce lo ricorda l’articolo 11 della Costituzione, ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Ecco che allora per onorare a pieno la nostra Costituzione e in occasione dei cento anni del “milite ignoto”, simbolo di pace e fratellanza universale, sarebbe giusto dare onore e riabilitare finalmente anche altre figure vittime della guerra. Mi riferisco alle migliaia di militari disertori spesso passati per le armi sul posto, senza processi. Giustiziati con una violenza ingiustificata e sempre accompagnata da diffamazione, vergogna, umiliazione. Umiliazione e disonore in cui veniva a cadere anche la stessa famiglia di questi ragazzi.

Giovani passati alla storia come codardi e vili che si rifiutarono di battersi e di morire per niente, che vollero mettere fine ai massacri, rifiutarono di uccidere altri esseri umani con differenti uniformi; persone che cercarono di fraternizzare oltre le trincee. Da anni gira un appello al Presidente della Repubblica ”per la riabilitazione storica e giuridica dei soldati italiani fucilati per disobbedienza o decimati nel periodo 1915-18”. Nell’appello si ricorda come su di un esercito italiano di 4 milioni e 200 mila soldati le denunce all’autorità giudiziarie militare dalla dichiarazione di guerra (24 maggio 1915) fino alla “vittoria” (4 novembre 1918) furono complessivamente 870 mila, delle quali 470 mila per mancata alla chiamata (di cui 370 mila contro emigrati che non erano rientrati) e 400 mila per diserzione, procurata infermità, disobbedienza aggravata, ammutinamento; ma di molte fucilazioni sul campo, effettuate soprattutto dopo Caporetto e eseguite, nella maggior parte dei casi, senza un regolare processo, non sono rimaste notizie certe, così come delle “decimazioni” al fronte di interi reparti volute dai comandanti per “ristabilire la disciplina”. Il tempo è maturo per compiere questo atto di giustizia storica.

Rendere l’onore e restituire dignità ai tanti giovani disertori, renitenti, obiettori, che rifiutarono il massacro cercando di salvare la vita. Loro avevano ragione. I generali avevano torto.

La riabilitazione dei disertori avrà un senso soprattutto per noi. Onorare i fuggiaschi delle guerre di ieri e sostenere i fuggiaschi dalle guerre di oggi di tutto il mondo contribuirà forse finalmente a farci capire l’impellente necessità di abbandonare definitivamente l’orrore della guerra, avventura senza ritorno. In questa fase, la retorica militarista assume e riassume anche altre forme: riproporre la leva militare come strumento formativo per i nostri giovani è un altro – l’ennesimo – sintomo di una società che fatica a dare valore non solo all’opposizione ad ogni violenza ma alla disobbedienza come virtù, espressione di un pensiero critico, insieme personale e collettivo.

Rifiutarsi di combattere una guerra è stato considerato per anni un atto vile e codardo dalla nostra società: è ora di cambiare, di riconoscere e dare dignità al valore educativo della disobbedienza. Cominciamo da Trento.

Massimiliano Pilati

Presidente del Forum trentino per la pace e i diritti umani

I pieni poteri di Kais Saied in Tunisia, un mese dopo

La sera del 25 luglio il presidente tunisino Kais Saied ha sospeso i lavori del Parlamento e ha sollevato dall’incarico il primo ministro Hicham Mechichi, destituito in un contesto di forte rabbia popolare contro l’esecutivo e la sua gestione della crisi economica e sanitaria.

Le protese di quei giorni sono coincise con festeggiamenti la notte tra il 25 e il 26 luglio, con molti sostenitori del presidente Saied scesi in piazza per celebrare la sua decisione che, di fatto, ha aperto la peggiore crisi politica in Tunisia dalle primavere arabe.

Il partito di maggioranza alle scorse elezioni, Ennahdha, ha parlato di “colpo di stato” e, durante questo mese di sospensione, ha criticato il presidente Saied. Accuse che trovano sostenitori anche in altri esponenti tunisini: tra questi, Yadh Ben Achour, giurista, attualmente membro del Comitato dei diritti umani delle Nazioni unite, ha guidato la transizione tunisina dalla Rivoluzione del gennaio 2011 sino all’elezione dell’Assemblea costituente.

Intervistato in quei giorni da Orsetta Giolo e Renata Pepicelli per ilmanifesto, Ben Achour ha evidenziato il fatto che la scelta di adottare l’art. 80 della Costituzione tunisina (articolo che autorizza il presidente a sospendere i lavori del Parlamento in caso di “pericolo imminente”) è una di numerose interpretazioni arbitrarie del testo della Costituzione che il presidente Saied ha dato nel corso del suo mandato.

“Il presidente”, sottolineava Ben Achour in quell’intervista, “si è concesso le prerogative di un vero dittatore, concentrando nelle sue mani il potere esecutivo, il potere legislativo e il potere giudiziario. Non so come altro si potrebbe chiamare tutto questo se non un colpo di stato contro la Costituzione”.

La scelta del presidente tunisino ha suscitato anche diverse risposte da parte della comunità internazionale: Amnesty International ha fin da subito sottolineato il rischio cui sono sottoposte le libertà e i diritti conquistati dal popolo tunisino dopo la caduta del regime di Ben Ali e le proteste delle primavere arabe del 2011. “Il presidente Kais Saied deve assicurare che ogni azione che egli ordini sia strettamente in linea con gli obblighi di diritto internazionale della Tunisia e, in particolare, che non vi siano purghe politiche”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Appelli rimasti inascoltati: le cronache dell’ultimo mese, infatti, sono piene di esempi di ritorsioni, purghe e carcerazioni da parte del presidente Saied nei confronti di oppositori politici e critici.

Non solo: a fronte di molte inchieste giudiziarie che, negli ultimi anni, procedevano a marce ridotte, dalla sospensione del Parlamento il presidente tunisino ha stabilito che ad occuparsene sia la giustizia militare. Ad inizio agosto, a questa scelta era corrisposta la reazione di Amnesty International Tunisia, che “si è detta inquieta rispetto al ricorso frequente a tribunali militari per processi di civili facendo riferimento al caso di Yassine Ayari [parlamentare indipendente, critico nei confronti del presidente Saied, ndr], più volte perseguito per «diffamazione e oltraggio dell’istituzione militare», non solo sotto Kais Saied”.

Durante la notte tra il 23 e il 24 agosto, questo regime di sospensione è stato prorogato “fino a nuovo avviso: una scelta che apre ad una nuova fase di incertezza in un Paese che aveva riposto fortissime speranze nella rivoluzione dei gelsomini ma che non è mai riuscito ad avere lo slancio necessario per portarla alle sue estreme conseguenze.

Ad oggi non è chiaro quanto consenso goda tra la popolazione il presidente Saied: l’analista Mariam Salehi, intervistata da DieWelle, osserva che “è importante ricorda che il percorso di democraticizzazione della Tunisia non è stato lineare e, ora, le persone sono preoccupate da tutto questo”. Alla domanda se la situazione tunisina sia paragonabile a quella che ha portato all’instaurarsi dell’attuale regime in Egitto, nel 2013, la dott.ssa Salehi risponde: “non direi questo: gli eventi in Egitto si sono succeduti con molta più rapidità mentre i fatti di questi giorni seguono logiche proprie della Tunisia. Non credo che si possa già parlare di uno ‘scenario egiziano’, in questo caso”.

Far parlare di pace e di diritti

Il Forumpace ha presentato un nuovo progetto di servizio civile. “Far parlare di pace e di diritti” ha lo scopo di coinvolgere un/a giovane nelle attività del Forum e, in particolare, nel lavoro con giovani e scuole.

Il progetto darà la possibilità al/la giovane di conoscere tanto la dimensione istituzionale quale quella associativa del Forum ma, soprattutto, gli/le darà modo di mettersi alla prova, di approfondire e sviluppare strumenti per diffondere la cultura della pace e dei diritti attraverso azioni e progetti pensati e costruiti insieme a studenti e studentesse.

Lo scopo dell’intero progetto è quello di elaborare strumenti condivisi e finalizzati a costruire comunità più coese, consapevoli e solidali, capaci di non pensare progetti “per i giovani” ma soprattutto “con” loro, attraverso l’attivazione di processi partecipativi e dal basso.

Questi percorsi non nascono dal nulla ma sono il frutto del lavoro che il Forum ha avviato già da molto tempo: il Forum va a scuola è la sezione in cui raccontiamo questi progetti, dalle Visite Consiglio ad OTIUM passando per il lavoro con le Assemblee di istituto o a progetti come Supereroi reali.