Umiltà, o del Paese delle Pesche Superbe


La città successiva che i fratellini incontrarono sul loro cammino, accipicchia se sembrò loro molto strana!

Le case erano tutte piccole e bruttine, nascoste dietro a enormi pannelli colorati, con sopra disegnate regge meravigliose. Le persone andavano in giro da sole, scambiandosi appena un saluto e sforzandosi di guardare tutto e tutti dall’alto. Questo li faceva sembrare una specie di giraffa dal collo corto, o dei pinguini ubriachi, perché dovevano camminare senza mai abbassare la testa, e non vedevano dove camminavano, inciampando di continuo. 

Se qualcuno di loro cadeva, nessuno faceva niente per aiutarlo. Anzi, facevano finta di non vederlo. 

Mentre attraversavano questo paese a dir poco bizzarro, videro un bellissimo pesco, carico di frutta matura e profumata. Era alto però, e non arrivavano a prendere quelle belle pesche gialle e rosse.

<< Mi scusi, conosce qualcuno che potrebbe prestarci una scala?>> chiese il fratellino ad un passante.

<< Ma figuriamoci. Qui non ci sono scale. Quello è un attrezzo che non si può usare da soli, quindi non merita di essere usato>> rispose il passante, sforzandosi di guardare il bambino senza abbassare lo sguardo, ovviamente non riuscendoci affatto.

<< E allora, come fate a mangiare le pesche?>>
<< Non le mangiamo! Non vorrete mica che per soddisfare un capriccio del genere, qualcuno debba abbassarsi a chiedere aiuto a qualcun’altro? Che onta! Che vergogna! >>

Gli schiamazzi del signore attirarono l’attenzione di parecchi altri passanti, che mormoravano di approvazione, pur senza esagerare.

<< Allora d’accordo, se nessuno è disposto ad aiutarci…>>

<< Tu mi hai frainteso, piccolino. Tutti noi saremo ben lieti di aiutare chicchessia. Solo che non è buona creanza chiedere aiuto, perciò non c’è mai nessuno da aiutare.>>

Per questo nessuno, in questo paese di superbi, aveva mai avuto l’umiltà necessaria a riconoscere di aver bisogno di una mano, e la loro incapacità di aiutarsi gli uni con gli altri, aveva fatto sì che le pesche non fossero mangiate che dai passeri. 

In effetti, i ragazzi non avevano mai visto un paese con degli uccellini così cicciotti e soddisfatti.

<< Allora è tutto risolto!>> esclamò il bambino! << Per cortesia, gentile signore, potrebbe aiutare me e mia sorella a cogliere delle pesche? Da soli non ci arriviamo!>>

il passante rimase sbigottito.

<< immagino che se voi non vi offendeste, potrei in effetti aiutarvi>>

<< non mi vergogno affatto di chiedere aiuto per fare qualcosa che non riesco a fare da solo. Io e mia sorella ci aiutiamo sempre, e vedrà se il dolce sapore di quelle pesche non ripagherà il suo sforzo!>>

In poco tempo, il passante aiutò i fratellini prendendoli a turno sulle spalle, e poi altri passanti aiutarono lui, e così via, finché tutta la cittadina non fu riunita intorno all’albero di pesche, uno sulle spalle dell’altra, a cogliere cesti e cesti di frutti deliziosi. Una vera scorpacciata!

I fratellini ripartirono con la pancia piena, lasciando gli abitanti di quello strano paese alle prese con una cosa per loro tutta nuova, dirsi fra loro “grazie” e “perpiacere”. 

Gli unici a non trovare quella faccenda gradevole e di buon auspicio furono i passeri, ma voi sapete bene quanto siano saggi gli uccellini, per cui possiamo ben pensare che dopo un po’ riuscirono anche loro a trovare il lato positivo in tutta quella faccenda.