Un cristiano contro il nazismo

Franz Jägerstätter è l’unica persona a votare no al referendum sull’Anschluss con cui i nazisti si impossessano dell’Austria. Vangelo alla mano, Franz matura, in solitaria, una decisione radicale: non può professarsi cristiano e aderire a un Führer come Hitler, dispregiatore della dignità, nemico del cristianesimo, un dittatore che annichilisce l’individuo.

«Jägerstätter era convinto della radicale opposizione fra essere cristiano e essere nazista. Ha affrontato l’intero Terzo Reich a mani nude. Con la sua educazione elementare e la sua semplice devozione capì le cose più di tanti politici»

Claudio Magris

Quando riceve la chiamata alle armi, Jägerstätter sa cosa dire: che non può servire due padroni, l’uno irriducibile all’altro. Decapitato nello stesso carcere in cui fu recluso Dietrich Bonhoeffer, in queste pagine Franz Jägerstätter brilla come araldo della libertà di coscienza, un cristiano mite e assoluto, che la chiesa ha riconosciuto tardivamente come esempio di fede.

Giampiero Girardi racconta così il ruolo di Jägerstätter

Quella di Franz Jägerstätter è la storia di un obiettore di coscienza che si oppone al nazismo. Siamo negli anni quaranta del secolo scorso, nel land nord-ovest dell’Austria. Franz è un contadino, proviene da una famiglia povera, a scuola non è andato oltre le elementari. Non fa parte di gruppi organizzati, non ha collegamenti con l’esterno. Nonostante questo, elabora una propria visione del mondo che, a partire da una forte e radicata fede cristiana, lo porta a rifiutare in modo netto l’ideologia nazista. Lo fa contro tutto e contro tutti: i familiari, gli amici, i concittadini. Anche la chiesa non lo capisce e lo abbandona.

Diventa un vero e proprio “testimone solitario”, che si oppone da solo alla violenza del male. Quando viene chiamato alle armi nell’esercito di Hitler dice di no, viene processato e condannato a morte il 9 agosto 1943: “Non si può essere cristiani e nazisti”.

La storia e la vita di Jägerstätter saranno al centro di un incontro che si terrà venerdì 15 ottobre, dalle 18.00, al Centro per la Cooperazione Internazionale: a parlarne, Giampiero Girardi, studioso di Jägerstätter e fondatore della fondazione a lui dedicata, e Erna Putz, teologa e biografa di Jägerstätter. Introdurrà Massimiliano Pilati, presidente del Forumpace.

L’evento si svolgerà nell’osservanza delle norme anti-Covid. Sarà necessario il Green Pass.

PER ISCRIZIONI: https://forms.gle/h39NWWYVUiKpwZNw5

Una Repubblica che ripudia la guerra

Ieri, alla vigilia del 75° anniversario del referendum del 2 giugno, Festa della Repubblica, Francesco Filippi ricordava sui suoi profili una frase di Nilde Iotti, Madre Costituente e Presidente della Camera dal 1979 al 1992:

Questa Repubblica si può salvare. Ma, per questo, deve diventare la Repubblica della Costituzione.

Alla Costituzione bisogna guardare per celebrare questa giornata.

Ripudio, dice la Treccani, è il rifiuto di conservare come proprio qualcosa che ci appartiene. Dopo le due guerre mondiali, l’Assemblea Costituente ha discusso tantissimo per trovare questa parola. La prima proposta, infatti, era un’altra: “L’Italia rinunzia alla guerra come strumento di conquista”. Poi si è passati attraverso la “condanna” della guerra. Rinuncia, poi condanna, poi ripudio: un passaggio che sembra piccolo ma che voleva sottolineare la scelta di allontanarsi da un passato guerrafondaio e, allo stesso tempo, di condannarlo. 

Una scelta, quella del ripudio, che ha bisogno di essere sempre rinnovata.

Pace non è soltanto assenza di guerra: è ancora una volta la Costituzione a indicare un percorso quando collega pace e giustizia. L’articolo 11 è stata la porta per far entrare nel nostro ordinamento regole e principi che hanno reso più forti le libertà e i diritti affermati in Costituzione. Per dare concretezza a pace e giustizia, la Costituzione promuove le organizzazioni internazionali, in una logica di cooperazione.

“Il 2 giugno festeggiamo la Repubblica democratica. Noi vogliamo portare la nostra aggiunta nonviolenta affinchè sia anche disarmata, strumento di pace che ripudia la guerra (articolo 11)”.

Comunicato stampa del Movimento Nonviolento in occasione della Festa della Repubblica 2021

Lo abbiamo scritto e lo ripetiamo oggi: le spese militari che sostiene il nostro Paese ogni anno non sono in linea con questi principi né con il sentiero tracciato dalla nostra Costituzione.

Pace, giustizia e istituzioni solide: queste le fondamenta su cui la nostra Repubblica della Costituzione è stata costruita, questi i pilastri e le direzioni che il mondo ci suggerisce e impone. L’Agenda 2030, troppo spesso ridotta a mero feticcio, pone con fermezza questi tre riferimenti alla base dell’Obiettivo 16: il ripudio della guerra, dalla Costituzione ad oggi, non come gesto formale né come retorica ma come scelta consapevole, necessaria e quotidiana per raggiungere lo sviluppo e la giustizia sociali.

Dal globale al locale, tutto questo trova concretezza nella legge provinciale n. 11 del 10 giugno 1991, quella che ha dato vita al Forum. I nostri obiettivi rimangono gli stessi: costruire buone pratiche e stimolare la riflessione tanto nella politica quanto tra le comunità con cui lavoriamo. Su questo si fonda la Repubblica della Costituzione.

Valori costituzionali, democrazia, dignità delle persone: questa è la vera voce dei trentini

E’ molto difficile contenere lo sdegno per quanto apparso sul quotidiano online La voce del Trentino, proprio il giorno in cui si festeggia la liberazione dalla dittatura.

L’articolo, “25 aprile: liberati da che? ”, già fortemente criticato, mette in fila una sequenza aberrante di affermazioni, cercando di farle passare come un sentire comune.

Per chi vuole sottoscrivere, è aperta petizione su Change.org:

No, non esiste un sentire comune che auspica un ritorno alla dittatura o che pensa che l’invasione nazista, col suo carico di morte e distruzioni, sia paragonabile alla presenza di immigrati.

Non esiste un sentire comune che pensa che un albanese, un nordafricano, un nigeriano siano buoni solo come braccia da sfruttare o solo quando sono morti.

Non metta il redattore di queste infamie in bocca alla comunità trentina sentimenti ed idee frutto della sua spaventosa disumanità: non ne ha titolo, non ne ha alcun diritto, perché NO, QUESTA NON È LA VOCE DEL TRENTINO.

Se ne assuma la responsabilità diretta e si dichiari per ciò che è. Quando sostiene che solo una piccola parte dei 47 mila immigrati in Trentino sono brave persone, e che le altre siano dedite a spaccio, rapine, atti di delinquenza, stupri; quando scrive della messe di contributi provinciali che gli immigrati utilizzano per finanziare le loro organizzazioni criminali; quando parla dei figli degli immigrati come portatori di cultura violenta e arretrata, responsabili, con “con la scusa dell’integrazione” del rallentamento dei programmi scolastici; quando parla di esercito nelle strada: ecco, tutto questo richiama sinistramente modelli già sentiti usati dalla propaganda nazista, da quella fascista (fu Benito Mussolini a suggerire questa strategia con il suo motto: “Bisogna scavare nel risentimento della gente”), da quella di James Schwarzenbach, che promosse un referendum nel 1970 per cacciare tutti gli italiani dalla Svizzera, perché “Sono troppi, ci rubano i posti migliori, lavorano per pochi soldi, occupano i letti negli ospedali, sono rumorosi, non si lavano” o dall’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso degli Stati Uniti, che nell’ottobre 1912 cosi scriveva degli italiani: “Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro”.

C’erano trentini, veneti, friulani, lombardi, molta gente del Sud.

Nel nostro caso, i comportamenti di pochi, che attengono alla sfera personale, perché tali sono le responsabilità che vanno perseguite senza esitazione, diventano la colpa per una intera etnia, per una appartenenza, per una condizione; sia essa di lavoratore integrato, che di richiedente asilo, che di profugo.

Ora basta, davvero basta spargere costantemente il seme dell’odio, della divisione, della frantumazione.

Ribadiamo che ci sono limiti che non possono essere valicati, pena portare il confronto su un piano che una comunità che si rifà ai valori della Costituzione non può tollerare, senza vederne minate le fondamenta.

I firmatari

  • Luca Oliver ACLI del Trentino
  • Sandra Dorigotti ALFID Trento
  • Mario Cossali ANPI del Trentino
  • Andrea La Malfa ARCI del Trentino
  • don Cristiano Bettega, delegato dell’Area Testimonianza e Impegno sociale della Arcidiocesi di Trento
  • Claudio Bassetti CNCA Trentino Alto adige
  • Giorgio Casagranda CSV
  • Massimiliano Pilati FORUM TRENTINO PER LA PACE
  • Fabio Pipinato IPSIA del Trentino
  • Chiara Simoncelli LIBERA TRENTINO 
  • Egon Angeli UISP Comitato Trentino
  • Andrea Grosselli CGIL
  • Michele Bezzi CISL
  • Walter Alotti UIL
  • ACSET- associazione comunità senegalese del Trentino
  • MAMME PER LA PELLE

Per chi vuole sottoscrivere, è aperta petizione su Change.org:

Antifascismo, fondamenta della nostra collettività

Il Forum Trentino per la Pace si unisce alle critiche rivolte ad un articolo comparso il 25 aprile, festa della liberazione dall’occupazione nazista e dal regime fascista,  sulla testata online “La Voce del Trentino”.

Non riporteremo né il titolo né stralci di quelle parole: per quanto non sorprendano particolarmente, ci colpisce però la banalizzazione e l’aggressività palesati in questa occasione. Quanto scritto va direttamente a colpire gli ideali di convivenza, inclusione, cura delle comunità su cui si fonda la nostra Repubblica. Quegli stessi ideali che l’antifascismo di ogni epoca ha incarnato, tutelato e difeso.

La cultura di pace, alla cui promozione il Forum è chiamato a contribuire fin dalla sua fondazione, si riconosce e rispecchia negli ideali dell’antifascismo: guardiamo al passato e leggiamo nelle parole del Presidente Sandro Pertini la profonda connessione tra questi valori collettivi(1)

Pace, libertà e giustizia sociale sono i grandi obiettivi che la lotta della Resistenza ha posto alla base della sua azione, sono i valori sui quali è costruita la nostra Costituzione e la Repubblica, i principi da cui si muovono tutte le nostre azioni: come individui o soggetti collettivi.

Guardiamo al presente e vediamo come il fascismo continui a presentarsi come il pensiero antidemocratico che nutre l’“organizzazione dell’odio”: Carolin Emcke, in un suo libro di qualche anno fa, scriveva “l’odio va affrontato respingendo il suo invito alla fraternizzazione. Chi affronta l’odio con l’odio, infatti, si è già fatto influenzare, deformare da esso. In parole povere, un po’ è già come vorrebbe che fosse coloro che odiano(2).

Quello che troviamo scritto in quell’articolo deve essere respinto del tutto, radicalmente.

Guardiamo al futuro e rinnoviamo un impegno, quello di sempre: di fronteggiare ciò che apre la strada all’odio. 

Il Forum, quindi, si unisce a quanto scritto in questi giorni da Claudio Bassetti, presidente del CNCA del Trentino, e da Stefano Graiff, presidente di Centro Astalli Trento(3): alla costruzione dell’odio, alla paura dell’Altro, è necessario rispondere con tutta la forza delle nostre azioni, insistendo nella costruzione di comunità aperte, attente, capaci di prendersi cura di tutte e di tutti.

Lo abbiamo scritto varie volte, negli ultimi mesi e anni: non possiamo arrenderci al ritorno di un odio generalizzato, alla violenza diffusa, non importa se si manifesta nelle righe di un sito web, nelle aggressioni dei braccianti nel foggiano o nella cieca ottusità di fronte alla necessità di fronteggiare la violenza di genere e quella omobistransfobica.

Tutti questi elementi indicano la parte da cui bisogna stare.

Massimiliano Pilati, Presidente del Forum


(1) http://presidenti.quirinale.it/Pertini/documenti/per_a_insediamento.htm

(2) Carolin Emcke, Contro l’odio, La nave di Teseo, 2017.

(3) Editoriale pubblicato su l’Adige del 27/04/2021.