Raccontare la guerra ai bambini: strumenti utili

Le guerre hanno sempre fatto parte della nostra storia e, nell’ultima settimana con lo scoppio del conflitto in Ucraina, alcune delle realtà considerate “lontane” hanno fatto irruzione nella nostra quotidianità. Un conflitto che sta coinvolgendo forze militari e cittadini, uomini, donne e bambini, per questo motivo, la sensibilizzazione e l’accrescimento di consapevolezza su questi temi diventa un dovere della scuola nei confronti di bambini e ragazzi. In quest’ambito si è mossa nel territorio trentino la Federazione Provinciale Scuole Materne che – attraverso un ripensamento della figura del bambino e l’organizzazione di eventi insieme ad altri enti come la Famiglia Cristiana, Save The Children e Focus Junior -, si è posta l’obiettivo di comunicare la guerra ai bambini.

Un altro strumento utile in questo campo è stato comunicato direttamente al Forumpace dalla regista Cinzia Angelini che dal 1997 vive a Los Angeles. L’iniziativa riguarda la messa a disposizione di un piccolo cortometraggio dal titolo “Mila” basato su fatti realmente accaduti a Trento nel 1943. Con questo film Cinzia ha voluto “mostrare la forza e la resilienza che hanno i più giovani, anche se lasciati soli e abbandonati. Oggi i bambini continuano a soffrire le conseguenze dei conflitti in molti Paesi del Mondo e questo mi ha spinta ad agire per far capire cosa sia il vero costo generazionale della guerra” ma anche “per mostrare la forza e resilienza dei giovani“. Il cortometraggio, reso disponibile dall’European Broadcasting Association (EBU) è possibile guardarlo sul sito di Rai Play per 30 giorni a questo link

Presidio di pace – Rovereto, Campana dei Caduti

Siete tutti invitati domani venerdì 25.02 alle 18:00 per esprimere la vicinanza, la solidarietà della nostra città al popolo dell’Ucraina e alla comunità ucraina che vive a Rovereto. In queste ore così drammatiche, davanti all’aggressione armata russa e ai bombardamenti in corso su tutto il territorio ucraino, serve ogni sforzo e un’ampia mobilitazione internazionale per condannare senza ambiguità questo atto di guerra nel cuore dell’Europa che costerà vite umane e sofferenza e ribadire l’impegno comune per la pace, la democrazia e la convivenza fra i popoli.
Partito Democratico Rovereto
Futura Rovereto
Civici per Valduga
Rovereto Libera
Rovereto al centro
Lega Salvini Trentino
Unione Popolare
Europa Verde Rovereto
Sinistra Italiana Rovereto
Fratelli d’Italia Rovereto
PATT Rovereto
Rovereto per Zambelli
Rinascita Rovereto
Azione Rovereto
Italia Viva
Partito Socialista Italiano – PSE
ANPI Rovereto
Circolo ACLI Rovereto
Centro Pace, Ecologia e Diritti Umani Rovereto
Circolo ACLI Lizzana
Lucicate
Associazione Ubalda Bettina Girella
CAVA Coordinamento Associazioni della Vallagarina per l’Africa
CAV Coordinamento Accoglienza Vallalagarina
Officina Comune
Forum Trentino per la Pace e i Diritti Umani
Associazione Italia-Nicaragua
Solidale365 ODV
Lumen SlowJournal
Comunità capi gruppo scout Agesci, Rovereto

L’appello del Forumpace contro la guerra in Ucraina

“No alla guerra in Ucraina, parta subito un vero processo di Pace” 

Anche dal Trentino facciamo sentire la nostra convinta e ferma condanna per l’aggressione militare russa in Ucraina, episodio gravissimo, di guerra aperta e d’aggressione. Il Trentino si unisce al coro di richieste per uno stop immediato delle ostilità: il primo obiettivo deve essere il cessate il fuoco, la protezione umanitaria dei civili. Necessarie poi iniziative di demilitarizzazione e disarmo di quei territori, temi che rilanciano il bisogno di un serio dibattito e di azioni concrete della comunità internazionale per procedere al disarmo nucleare.

Il Forumpace, aderendo all’appello nazionale di Rete Italiana Pace e Disarmo, invita la popolazione trentina a partecipare alla mobilitazione prevista sabato 26 febbraio in tutta Italia e a Trento in Piazza Dante a partire dalle ore 17.00.

Condanniamo in modo fermo l’azione militare iniziata in Ucraina da parte della Federazione Russa. Ancora una volta si sceglie la follia della guerra, i cui impatti più devastanti ricadranno sui civili e le popolazioni inermi, per colpa di sete di potere, di rivendicazioni nazionaliste, di interessi particolari soprattutto legati al profitto armato.

La maggiore sfida dei prossimi decenni consisterà nell’immaginare, progettare e implementare le condizioni che permettano di ridurre il ricorso alla forza e alla violenza di massa fino alla completa disapplicazione di questi metodi. La guerra, come le malattie letali, deve essere prevenuta e curata”: era il 2015 quando Gino Strada ha pronunciato
questo discorso, valido oggi come allora. Nell’osservare l’escalation che ha portato all’invasione russa dell’Ucraina appare ancora una volta chiaro come questa guerra – come ogni guerra – poteva e doveva essere evitata. Dalla forza del dialogo, dalla costruzione paziente di ponti, da comunità capaci di essere – ciascuna nel proprio territorio – sentinella e presidio, pungolo per una politica troppe volte distratta, nodo per una rete che troppe volte si è sfilacciata.

Esprimiamo la massima solidarietà alle popolazioni coinvolte e sosteniamo tutti gli sforzi della società civile pacifista in Ucraina e Russia per arrivare ad una cessazione immediata delle ostilità e poi intraprendere una strada di vera Pace e riconciliazione. Ma rilanciamo: l’emergenza – per una volta – è tale. Sta alle nostre comunità, alla politica locale, provinciale, nazionale ed europea dare concretezza alla solidarietà e scorgere, in questi momenti così tragici, gli elementi di un mutualismo che è necessario, che è l’unica via per lottare contro le ingiustizie: apriamo canali umanitari, corridoi e reti di accoglienza. Facciamolo in modo consapevole e collettivo, riconosciamo nell’istinto ad accogliere in questo momento così grave la regola d’oro da applicare di fronte ad ogni disuguaglianza economica, sociale o culturale, nel mondo come a casa nostra.

Il primo obiettivo deve essere la protezione umanitaria dei civili, per questo motivo chiediamo alla Provincia Autonoma di Trento di attivare tutti i canali possibili per aprire subito corridoi umanitari con il Trentino e ai nostri Comuni di dare immediata disponibilità all’accoglienza di queste persone.

Alle Istituzioni internazionali, in particolare all’Italia e all’Unione Europea, chiediamo di:

  • Prodigarsi per una cessazione degli scontri con tutti i mezzi della diplomazia e della pressione internazionale, con principi di neutralità attiva ed evitando qualsiasi pensiero di avventure militari insensate.
  • Chiedere alla Russia il ritiro delle proprie forze militari da tutto il territorio ucraino e la revoca immediata del riconoscimento dell’indipendenza delle Repubbliche del Donbass.
  • Attivarsi per garantire un passaggio sicuro alle agenzie internazionali e alle organizzazioni non governative al fine di garantire assistenza umanitaria alla popolazione coinvolta dal conflitto.
  • Chiedere il riconoscimento da parte dell’Ucraina dell’autonomia del
  • Donbass prevista dagli accordi di Minsk ma mai attuata, il rispetto della popolazione russofona, la cessazione dei bombardamenti in Donbass, lo scioglimento delle milizie
  • Una volta arrivati al cessate il fuoco prodigarsi per una conseguente de-escalation della crisi nel pieno rispetto del diritto internazionale, affidando alle
  • Nazioni Unite il compito di gestire e risolvere i conflitti tra Stati con gli strumenti della diplomazia, del dialogo, della cooperazione, del diritto internazionale
  • Cessare qualsiasi tipo di ingerenza indebita nella vita interna dell’Ucraina 
  • Favorire l’avvio di trattative per un sistema di reciproca sicurezza che garantisca sia l’UE che la Federazione Russa.

Una volta cessati gli scontri la soluzione per una vera strada di Pace non potrà comunque essere il militarismo, ma dovrà partire dal coinvolgimento democratico, dal mutualismo, da una cooperazione internazionale che costruisca reti tra territori lontani, da scelte forti di demilitarizzazione e disarmo. Ancora una volta ribadiamo infatti che la strada per la pace c’è sempre. Si chiama equa distribuzione delle risorse, disarmo, sicurezza condivisa e multilateralismo.

Crediamo, purtroppo, che quello di sabato 26 non sarà l’unico momento di piazza contro questa sciagurata guerra, proponiamo di pensare a degli appuntamenti fissi, un’assemblea permanente (Tenda della Pace?!?), con reali momenti di confronto capaci di andare oltre sterili dichiarazioni di intenti per trovare anche qui da noi reali momenti di condivisione. Per noi la priorità è costruire un’Europa finalmente solidale e in pace, un disegno che in questi lunghi 70 anni è rimasto promessa incompiuta. Un’Europa smilitarizzata dall’Atlantico agli Urali, di pace, di sicurezza per tutti, di libertà e di democrazia.

Un’Europa allargata ed aperta al mondo, dove le alleanze siano una collocazione culturale, di emancipazione collettiva, di condivisione di un progetto globale di pace. Tutto questo significa dire “Sì alla pace” e “No alla guerra”: dalle Valli trentine al mondo, e ritorno. Lottare contro le disuguaglianze e le ingiustizie, per la pace e il benessere di tutte e tutti, significa tutto questo.

PER ADERIRE: scriveteci su Facebook o mandate una mail a forum.pace@consiglio.provincia.tn.it

Sottoscrizioni (in aggiornamento)
Forum trentino per la pace e i diritti umani,
Movimento Nonviolento,
Associazione 46° Parallelo
CGIL,
CISL,
UIL,
ACLI,
Arci,
Associazione Ubalda Bettini Girella,
PD del Trentino,
Futura,
Arcigay del Trentino,
Sinistra Italiana,
Centro pace ecologia e diritti umani di Rovereto,
Europa Verde del Trentino
Udu Unione degli Universitari Trento
Rete degli Studenti Medi di Trento
GTV Gruppo Trentino di Volontariato
Italia-Nicaragua ODV
Collettivo transfemminista queer Trento
Quilombo Trentino
CAVA Coordinamento Associazioni della Vallagarina per l’Africa
CNCA (coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) del Trentino Alto Adige
Auser del Trentino
Gruppo Trentino con Mimmo Lucano
Deina Trentino
Unimondo.org
Non Una Di Meno Trento
Agedo del Trentino
Libera Trentino
Mediterranea saving humans – sede di Trento
Anpi del Trentino
UNITiN rete degli universitari del Trentino
Noi San Carlo APS
Associazione Alba Chiara
Sportello Antidiscriminazioni Trento
Gioventù Federalista Europea – sezione di Trento
Presidio universitario Celestino Fava di Trento
Associazione Taiapaia (Valsugana)
Partito della Rifondazione Comunista del Trentino
Emergency Gruppo Trento
Erasmus Student Network di Trento
Medici con l’Africa Cuamm Trentino

Farete
Centro per la Cooperazione Internazionale
Atas
Partito Socialista Italiano
Commissione Pari Opportunità tra donna e uomo


I pieni poteri di Kais Saied in Tunisia, un mese dopo

La sera del 25 luglio il presidente tunisino Kais Saied ha sospeso i lavori del Parlamento e ha sollevato dall’incarico il primo ministro Hicham Mechichi, destituito in un contesto di forte rabbia popolare contro l’esecutivo e la sua gestione della crisi economica e sanitaria.

Le protese di quei giorni sono coincise con festeggiamenti la notte tra il 25 e il 26 luglio, con molti sostenitori del presidente Saied scesi in piazza per celebrare la sua decisione che, di fatto, ha aperto la peggiore crisi politica in Tunisia dalle primavere arabe.

Il partito di maggioranza alle scorse elezioni, Ennahdha, ha parlato di “colpo di stato” e, durante questo mese di sospensione, ha criticato il presidente Saied. Accuse che trovano sostenitori anche in altri esponenti tunisini: tra questi, Yadh Ben Achour, giurista, attualmente membro del Comitato dei diritti umani delle Nazioni unite, ha guidato la transizione tunisina dalla Rivoluzione del gennaio 2011 sino all’elezione dell’Assemblea costituente.

Intervistato in quei giorni da Orsetta Giolo e Renata Pepicelli per ilmanifesto, Ben Achour ha evidenziato il fatto che la scelta di adottare l’art. 80 della Costituzione tunisina (articolo che autorizza il presidente a sospendere i lavori del Parlamento in caso di “pericolo imminente”) è una di numerose interpretazioni arbitrarie del testo della Costituzione che il presidente Saied ha dato nel corso del suo mandato.

“Il presidente”, sottolineava Ben Achour in quell’intervista, “si è concesso le prerogative di un vero dittatore, concentrando nelle sue mani il potere esecutivo, il potere legislativo e il potere giudiziario. Non so come altro si potrebbe chiamare tutto questo se non un colpo di stato contro la Costituzione”.

La scelta del presidente tunisino ha suscitato anche diverse risposte da parte della comunità internazionale: Amnesty International ha fin da subito sottolineato il rischio cui sono sottoposte le libertà e i diritti conquistati dal popolo tunisino dopo la caduta del regime di Ben Ali e le proteste delle primavere arabe del 2011. “Il presidente Kais Saied deve assicurare che ogni azione che egli ordini sia strettamente in linea con gli obblighi di diritto internazionale della Tunisia e, in particolare, che non vi siano purghe politiche”, ha dichiarato Heba Morayef, direttrice di Amnesty International per il Medio Oriente e l’Africa del Nord.

Appelli rimasti inascoltati: le cronache dell’ultimo mese, infatti, sono piene di esempi di ritorsioni, purghe e carcerazioni da parte del presidente Saied nei confronti di oppositori politici e critici.

Non solo: a fronte di molte inchieste giudiziarie che, negli ultimi anni, procedevano a marce ridotte, dalla sospensione del Parlamento il presidente tunisino ha stabilito che ad occuparsene sia la giustizia militare. Ad inizio agosto, a questa scelta era corrisposta la reazione di Amnesty International Tunisia, che “si è detta inquieta rispetto al ricorso frequente a tribunali militari per processi di civili facendo riferimento al caso di Yassine Ayari [parlamentare indipendente, critico nei confronti del presidente Saied, ndr], più volte perseguito per «diffamazione e oltraggio dell’istituzione militare», non solo sotto Kais Saied”.

Durante la notte tra il 23 e il 24 agosto, questo regime di sospensione è stato prorogato “fino a nuovo avviso: una scelta che apre ad una nuova fase di incertezza in un Paese che aveva riposto fortissime speranze nella rivoluzione dei gelsomini ma che non è mai riuscito ad avere lo slancio necessario per portarla alle sue estreme conseguenze.

Ad oggi non è chiaro quanto consenso goda tra la popolazione il presidente Saied: l’analista Mariam Salehi, intervistata da DieWelle, osserva che “è importante ricorda che il percorso di democraticizzazione della Tunisia non è stato lineare e, ora, le persone sono preoccupate da tutto questo”. Alla domanda se la situazione tunisina sia paragonabile a quella che ha portato all’instaurarsi dell’attuale regime in Egitto, nel 2013, la dott.ssa Salehi risponde: “non direi questo: gli eventi in Egitto si sono succeduti con molta più rapidità mentre i fatti di questi giorni seguono logiche proprie della Tunisia. Non credo che si possa già parlare di uno ‘scenario egiziano’, in questo caso”.

Torna WARS, War and Revolutionary Stories

WARS è un premio dedicato al fotogiornalismo di conflitto, con l’obiettivo di supportare i professionisti nel loro lavoro di documentazione. A causa delle restrizioni imposte come conseguenze della diffusione del Covid-19, molti fotoreporter hanno cambiato i loro piani per documentare l’emergenza e le conseguenze del coronavirus in tutto il mondo. Abbiamo quindi deciso, per quest’anno, di aggiungere una nuova categoria dedicata alle storie legate al Covid-19. Un totale di 5.000,00 euro sarà destinato a premiare i vincitori delle due categorie a concorso.

Dal 21 agosto al 4 Ottobre, i fotografi professionisti di tutto il mondo potranno presentare i loro lavori (da 10 a 15 fotografie originali con un unico tema) attraverso la piattaforma Picter, dove sarà pubblicato il regolamento e le informazioni dettagliate sul concorso.

Anche per quest’anno una giuria internazionale, coordinata dal direttore artistico Fabio Bucciarelli, giudicherà i lavori presentati. Kelli Grant | Yahoo News Senior Photo-editor – Francis Kohn |Former AFP Director – e Laurence Geai | fotografa vincitrice di WARS 2019 si riuniranno nel mese di ottobre per scegliere i migliori reportages. 

Le fotografie dei primi tre classificati per ogni categoria saranno esposte sulla piattaforma AtlantePhotoExpo e compatibilmente con la situazione di emergenza sanitaria sarà allestita una mostra con i migliori progetti.

Armi saudite a Genova: la protesta

“Dal 2019 ad oggi, ogni venti giorni nello scalo genovese getta l’ancora una delle sei navi cargo della Bahri, già carica di armamenti ed equipaggiamenti militari o pronta a caricarne di nuovi negli scali statunitensi verso cui fa rotta prima di tornare a Gedda, in Arabia Saudita. Il contenuto di queste “navi della morte”, come denunciato dal Calp e dall’osservatorio Weapon Watch, finisce poi nelle mani della Guardia civile saudita, tuttora impegnata in scenari di guerra come quello yemenita”.

Lo riporta il quotidiano Domani, con un pezzo di Futura D’Aprile che dà atto della protesta organizzata al porto di Genova per la giornata di oggi dal Collettivo autonomo dei lavoratoti portuali (Calp), iniziativa che non nasce nel vuoto ma che segue le denunce circa l’utilizzo dei porti italiani come attracco per mercantili sauditi che portano armi in Medio Oriente per sostenere la guerra in Yemen e non solo.

Porto di Genova, ItaliaLicenza

Condanne che arrivano da più parti: l’osservatorio Weapon Watch denuncia da tempo queste attività e propone campagne di sensibilizzazione per avere “porti etici”.

Ancora a gennaio 2020, Patrick Wilken, ricercatore di Amnesty International, dichiarava: “Adesso, la volontà politica dei governi di rispettare il diritto internazionale viene messa nuovamente alla prova. Attivisti e lavoratori portuali sono già ampiamente allertati rispetto alla minaccia che la ‘Bahri Yanbu’ aggiri le norme internazionali in nome dei lucrosi accordi in materia di armi che hanno favorito uccisioni di civili in Yemen e una terribile catastrofe umanitaria“.

Le proteste del Calp, a Genova, risalgono a maggio 2019, quando “i portuali si rifiutarono di caricare sulla Bahri Yanbu due generatori registrati per uso civile ma che sarebbero stati in realtà impiegati dalla Guardia civile nel conflitto in Yemen”. Un’azione di boicottaggio che ha portato la compagnia saudita ad abbandonare lo scalo di Genova per un po’ ma che fece finire 5 portuali sotto inchiesta per associazione per delinquere.

Una protesta che ha trovato il sostegno di Papa Francesco, che il giugno scorso ha incontrato i portuali che avevano bloccato il carico nel 2019. Oggi quella compagnia è di nuovo in porto, a Genova, e il Calp sarà in presidio: una protesta che riguarda il contenuto del cargo, l’uso dei porti italiani e le politiche industriali, che ancora vedono nell’industria delle armi un settore imprescindibile, ma che riguarda anche la mancanza di informazioni e trasparenza su questi traffici.

Ad oggi il Governo italiano non ha cambiato il proprio approccio: non ci sono nuove regole per quanto riguarda il traffico d’armi che, anzi, sono state allentate per quanto riguarda l’export verso l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti nonostante il loro coinvolgimento nel conflitto in Yemen.

Temi sui quali, come Forumpace, ci siamo espressi già molte volte: non possiamo allentare l’attenzione. Esistono norme – interne e internazionali – che riguardano la regolamentazione delle esportazione di armi e prodotti bellici: in Italia, la legge 185/1990 dà il quadro normativo di riferimento, lo stesso quadro che ha inibito l’export verso Arabia ed Emirati Arabi durante il 2019.

Una legge, però, troppo spesso bypassata o ignorata, preferendo alla tutela dei diritti umani le logiche del mercato. Su questo, Rete Italiana Pace e Disarmo ha promosso, ancora lo scorso maggio, “un appello al Governo per ribadire la necessità di applicare in modo rigoroso e trasparente la Legge 185/90 e le norme internazionali che la rafforzano. Invitano inoltre il Parlamento a controllare in modo puntuale e approfondito le operazioni che riguardano l’export di armamenti: sono regole e controlli preposti alla salvaguardia della pace e della sicurezza comune, al rispetto dei diritti umani, alla tutela delle popolazioni e per dare attuazione al ripudio della guerra “come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali” sancito dalla nostra Costituzione (art.11)”.

Da qui dobbiamo proseguire.

Giornata internazionale delle Fasce Bianche

Ancora una volta ci saremo. In silenzio. In piazza. Fermi.

Saremo a ricordare ciò che troppi cercano di dimenticare, di cancellare, di far sparire. Saremo a recitare i nomi di quei 102 bimbi morti in una guerra senza senso. Saremo in piazza con le nostre fasce bianche, perché i segni della
discriminazione, dell’ingiustizia, della disuguaglianza, dell’orrore, sono uguali ovunque.

Anche quest’anno vogliamo ricordare, assieme a tutte le città che in Regione, in Italia, nel Mondo hanno deciso di dedicare quel momento del 31 maggio al ricordo.

Sono più di 80 le città del Mondo che con Prijedor, in Bosnia, vogliono ricordare cosa accade quando una guerra finisce e non arriva la pace. Nella Bosnia di oggi, che vuole entrare nell’Unione Europea, quasi 25 anni dopo la guerra che dissolse la ex Jugoslavia la pace è lontana. Nelle cancellerie degli Stati vicini si elaborano documenti per dissolverla definitivamente, spartendola fra una Grande Serbia e una Grande Croazia.

La fine della guerra non ha unito i popoli. I giovani sentono ancora raccontare storie differenti. Si educa alla divisione. Si insegna l’indifferenza, quando non si insegna l’odio. Ancora non c’è pace, in Bosnia.

La ricchezza non è distribuita equamente. La democrazia resta un miraggio. Nella nostra indifferenza crescono le ingiustizie, le violazioni, le povertà. La Bosnia, Prijedor e le sue fasce bianche, sono un buon modo per ricordare le nostre responsabilità. Sono un’ottima ragione per costringerci ad un impegno: costruire la pace ovunque, partendo da qui, da casa nostra.

Saremo in piazza, in silenzio, per questo. Perché la pace è una cosa che ci riguarda.

Usare i fondi del PNRR per promuovere pace e diritti umani

Accolta la proposta di risoluzione 90 con cui il Consiglio impegna la Giunta provinciale per trasmettere al Governo nazionale e alla Commissione Europea l’appello promosso dal Forumpace sull’impiego dei fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza al fine di promuovere la tutela della pace, della giustizia, dei diritti umani, della democrazia, del benessere collettivo, compreso quello delle generazioni future.

Il Consiglio, con questa risoluzione, chiede anche l’intervento da parte delle istituzioni nazionali ed europee per far sì che il PNRR assicurino l’investimento dei fondi in processi di sviluppo civile e non sulle armi, coerentemente con i principi costituzionali e con quanto stabilito dall’articolo 1 della legge provinciale del 10 giugno 1991, n.11.